I retroscena dell’inchiesta sul clan Lo Russo
Il panettiere vittima delle richieste estorsive del gruppo malavitoso napoletano ritenuto una sotto articolazione del noto clan Lo Russo (detti «i Capitoni») è stato costretto a pagare quasi 12mila euro ai suoi aguzzini nell’arco di un breve lasso di tempo. Emerge dal provvedimento di fermo – notificato dai carabinieri della compagnia Vomero e dalla Polizia di Stato di Napoli – con la quale la DDA ha «neutralizzato» otto presunti estorsori.
Per gli investigatori partenopei il clan Lo Russo è vivo, vegeto e pericoloso. A dimostrarlo è la sequela di episodi criminali – tutti allarmanti – che negli ultimi anni hanno riguardato i quartieri napoletani di Miano, Chiaiano, Piscinola e Marianella: omicidi e tentati omicidi, oltre alle estorsioni ai danni dei commercianti.
I destinatari dei provvedimenti di fermo sono Salvatore Di Vaio, 48 anni, detto «Totore o’ Cavallo», Cesare Duro, 21 anni, Alessandro Festa, 24 anni, Cosimo Napoleone, 33 anni, Vincenzo Pagliaro, 20 anni, detto «Vincenzo o’ Pagliaro», Fabio Pecoraro, 26 anni, Giovanni Perfetto, 59 anni, detto «o’ mostr» («il mostro», ndr) e Raffaele Petriccione, 25 anni, detto «Raffaele o’ pazz».
Al panettiere l’imposizione dell’aumento della «tassa» è stata formulata prima nel corso di un incontro in un bar e poi nell’abitazione di uno degli indagati, Giovanni Perfetto, alla presenza di tre dei destinatari dei provvedimenti di fermo notificati ieri da Carabinieri e Polizia.
La vittima il 30 maggio ha consegnato ai suoi strozzini 7mila euro, 1835 euro per il pane venduto a giugno e il primo dello stesso mese (giugno) un acconto di 3mila euro dei 5mila previsti per il mese in corso, sempre giugno. Nei prossimi giorni è prevista l’udienza di convalida dei fermi, emessi dal pubblico ministero Maria Sepe e dal facente funzioni di procuratore Rosa Volpe.
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