Probabilmente si andrà avanti per altri 4/5 mesi. A colpi di litigi, bandierine e fiducie
Il premier Mario Draghi continua imperterrito ad asserire di esser tranquillo e convinto di andare avanti. Almeno in pubblico. Sì perché, voci di corridoio, invece parlano di un Draghi sempre più stanco e scocciato dalla estrema litigiosità della maxi coalizione. Addirittura avrebbe detto al presidente Mattarella, in un incontro svoltosi lunedì al Quirinale, di voler lasciare già a settembre prossimo. Intanto il Movimento 5 Stelle non sa che «pesci pigliare» e lancia continui penultimatum.
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Questa mattina Giuseppe Conte ha incontrato i suoi consiglieri: sul tavolo la linea politica da prendere in vista del voto sul dl Aiuti al Senato. Se coerenti con quanto affermato nei giorni scorsi, i pentastellati dovrebbero far mancare il proprio apporto. Se sul fronte numerico non ci dovrebbero essere problemi per Draghi & co., sul fronte politico invece si assiste a una valanga di avvenimenti a catena. La paventata uscita dal governo di Giuseppe Conte, infatti, ha scatenato la reazione praticamente di tutti i partiti che appoggiano l’esecutivo.
La Lega indecisa sul da farsi
A partire dalla Lega. Matteo Salvini ha candidamente dichiarato: «se il primo gruppo del parlamento, i Cinque Stelle, dice basta, che basta sia». Troppo allettante l’idea, per la Lega, di andare al voto sperando di passare all’incasso e un governo di centrodestra con Salvini premier. Sogni però che rischiano di fare a cazzotti con i sondaggi che raccontano di una Giorgia Meloni ben vista dagli italiani quale possibile presidente del consiglio. E se voto non sarà, comunque il Carroccio avrà sventolato la bandierina facendo contento una grande parte del suo elettorato.
Forza Italia per la continuità: troppo alto il rischio di figuracce
Se la Lega apre (timidamente) al voto, lo stesso non si può dire di Forza Italia che dapprima preoccupa Draghi chiedendo il rimpasto, poi, capito l’antifona si corregge: «sì ma senza Movimento 5 Stelle si può andare avanti». Così, come niente fosse. Come se in quest’anno e mezzo di Draghi tutto fosse andato bene. La verità, però, è che al momento i forzisti possono contare (secondo i sondaggi) di un risicato consenso. Meglio dunque tenere la barra a dritta e andare avanti: poco importa se fino a ora non si è «quagliato» niente.
Le minacce del Partito Democratico
Se Forza Italia non ride, il Partito Democratico trema davanti all’idea di ricorrere alle urne. Tremano Enrico Letta e soci, tremano e «minacciano» ripetutamente i grillini: se escono dal governo è la fine di ogni alleanza. E il numero 2 Provenzano ha detto che la «destra vuole le elezioni, perché farle un regalo?»
Perché il pericolo per i Dem è che dal voto esca vincitore il centrodestra e si rimanga con le pive nel sacco. Meglio «minacciare» e restare aggrappati alla poltrona sperando che il famoso «campo largo» resista n’altro po’. Letta sa benissimo che senza M5S non ha nessuna speranza di tornare a governare. Gli altri partiti dei cespugli del centrosinistra, infatti, dopo il voto rimarrebbero quasi sicuramente fuori dal parlamento. Nessuno riuscirebbe a superare la soglia di sbarramento al 5%. Partito Democratico al 21,7%. Sì ma poi? Come si raggranellerebbe il restante 30% per andare «a comandare»?
Il «pallino» in mano ai 5Stelle
In tutto ciò, il Movimento 5 Stelle, che questa crisi l’ha aperta, sembra sempre più sbandato. Conte non sa che pesci prendere e, mentre un giorno rassicura il governo, il giorno dopo lo mette in pericolo per cambiare rapidamente idea e dirsi di nuovo fedele alleato del premier. Probabilmente, domani, ci sarà l’ennesimo dietro front dei pentastellati e il colpo di scena con l’appoggio al decreto.
Oppure si andrà verso una crisi tecnica: Draghi chiederà la fiducia alle Camere, il M5S gliela accorderà asserendo che il problema principale era rappresentato dal dl Aiuti. E amici come prima fino alla Finanziaria.
Fratelli d’Italia aspetta e spera
In tutto questo bailamme Fratelli d’Italia aspetta alla finestra, consapevole che forse, gli unici ad aver tratto vantaggio da quest’anno e mezzo di governo Draghi, sono proprio loro. Che in questo «bordello imbordellato» non ci sono mai entrati. Aspettano e chiedono la «testa» del presidente del Consiglio.
«Il PD è un partito di Letta e di governo, perde le elezioni e continua a governare nonostante le evidenti contraddizioni interne alla maggioranza. Ogni mattina Draghi trova un partito con una bandierina in mano che avanza una richiesta. Sono agli antipodi rispetto alla richiesta in questo momento di difficoltà per la Nazione. Per Fratelli d’Italia in questo scenario l’unico giudice in grado di pronunciarsi è il popolo italiano attraverso il voto» ha detto il Capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida.
Intanto l’Italia e gli italiani perdono grazie a una politica sempre più lontana dalla realtà e dai cittadini. L’unico modo per riacquisire un po’ di credibilità sarebbe davvero il ritorno alle urne, ma tra taglio dei parlamentari, crollo delle percentuali e pensioni dei parlamentari ancora non raggiunte, la speranza è davvero poca.