Per Gabriele e Marco Bianchi i pm hanno sollecitato la condanna all’ergastolo
Un «impulso violento» messo in atto senza che ce ne fosse alcun motivo. Una «azione del tutto spropositata» e «aggressiva con esiti letali». E’ quanto ribadiscono, riferendosi alla condotta dei fratelli Bianchi, i pm della Procura di Velletri nelle repliche, depositate alle parti, nel processo per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte la cui sentenza è attesa per il 4 luglio davanti ai giudici della Corte d’Assise di Frosinone. Per Gabriele e Marco Bianchi i pm hanno sollecitato la condanna all’ergastolo, mentre per gli altri imputati Francesco Belleggia e Mario Pincarelli chiesta una condanna a 24 anni.
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Willy venne pestato a morte la notte del 6 settembre del 2020 davanti ad un locale di Colleferro, centro in provincia di Roma. Ritornando a quella tragica serata, i pm affermano che «appare evidente, come non vi fosse alcun elemento per giustificare una condotta di quel tipo; condotta che, quindi, viene posta in essere nonostante l’assenza di un motivo valido, utilizzando quella discussione nata fuori ad un locale come mero pretesto per aggredire».
Secondo l’impianto accusatorio i fratelli Bianchi hanno dato «sfogo al loro impulso violento, approcciandosi alla folla con il solo intento di ledere e non recedendo dal proprio proposito criminoso nonostante i tentativi» di alcuni presenti «di spiegare come non vi fosse assolutamente la necessità di adoperare violenza». Per l’accusa, di fatto, non esiste un movente per quanto accaduto a Willy. «Il movente della condotta è da ritenersi così banale, da rendere del tutto spropositata l’azione aggressiva con esiti letali ed in questi limiti contenutistici, si può senz’altro osservare come un ‘non movente’».
Il modus operandi dei quattro
Nella requisitoria del 12 maggio scorso i rappresentanti dell’accusa hanno ricostruito le fasi del pestaggio. «L’azione è partita da Marco e Gabriele Bianchi ma poi si salda con l’azione di Belleggia e Pincarelli e diventa una azione unitaria – hanno spiegato i pm -. Quello che è successo a Duarte poteva capitare a chiunque altro si fosse trovato di fronte» al branco. Un ruolo centrale nella requisitoria ha avuto il modus operandi dei quattro e in particolare la loro conoscenza della Mma, l’arte marziale di cui i Bianchi sono esperti, che è stata utilizzata come arma per «annientare il contendente» e di «farlo senza considerare le conseguenze dei colpi». Il pestaggio è durato circa 50, interminabili, secondi in cui la vittima è stata raggiunta da colpi a ripetizione: «50 secondi di sofferenza incredibile».
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