Meloni lancia subito l’avvertimento ai compagni di viaggio
Elezioni comunali tra vincitori e vinti, con l’esito delle amministrative che lascia sul campo di battaglia qualche ‘ferito’ eccellente. Se Meloni, Salvini e Berlusconi insieme si aggiudicano al primo turno Palermo, Genova e L’Aquila, è all’interno della coalizione di centrodestra che il voto cambia gli equilibri: per la prima volta certificato dalle urne, arriva il sorpasso di Fratelli d’Italia sulla leadership leghista. E Meloni, forte dei risultati e del flop della Lega, lancia subito l’avvertimento ai compagni di viaggio.
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«Non nascondo la mia soddisfazione… Il centrodestra esce vittorioso al primo turno e Fdi cresce ovunque con dati molto significativi, il fatto che siamo la forza di traino è un’indicazione della chiarezza delle posizioni. Agitare l’uomo nero non funziona più…». Alla fine della serata di ieri, Giorgia Meloni si presenta nella sala stampa di via della Scrofa per un primo commento al voto amministrativo.
Appare raggiante ed emozionata, perché il sorpasso sulla Lega salviniana è realtà. Nel giorno del flop dei referendum sulla giustizia e della Caporetto del Carroccio, che precipita dappertutto, anche nelle roccaforti al Nord a cominciare da Verona, la presidente di Fratelli d’Italia è infatti l’unica a gioire, consapevole che il risultato le fa compiere un altro passo avanti decisivo verso la leadership del centrodestra, al punto che in tanti scommettono sulla prossima resa dei conti interna.
Nel Pd si apre il dibattito sui pentastellati e le alleanze
Ma non è tutto. Anche sul fronte degli alleati di centrosinistra – che conquistano al primo turno Taranto, Padova e Lodi e registrano l’exploit di Tommasi a Verona, finito a sorpresa al ballottaggio – si rischiano acque agitate. Nemmeno il tempo di festeggiare per il voto di lista che decreta il Pd primo partito d’Italia, ecco che il crollo del M5S di Giuseppe Conte apre immediatamente il dibattito tra i dem, con membri di peso del partito che ora chiedono al segretario Enrico Letta di avviare un dialogo con Calenda e Renzi.
Conte, dal canto suo, ammette la debacle, non prova nemmeno a giustificare un risultato che «non soddisfa», tenta di rassicurare gli alleati dem sul futuro e annuncia una ‘fase 2’ del Movimento per «ripartire con umiltà». Ma i ‘malpancisti’ 5 Stelle, intanto, affilano le armi.
«Sarà un test per il campo largo», ripeteva ancora venerdì sera, in chiusura di campagna elettorale, Enrico Letta. Il test c’è stato e non è andato bene, complice il tracollo dei 5 Stelle anche laddove erano previste percentuali ben più alte, vedi Palermo. Il Pd guadagna comuni, si attesta primo partito nel voto di lista ma si scopre anche più ‘solo’, con alleati in caduta libera come i 5 Stelle e la concorrenza al centro di Carlo Calenda e del suo polo riformista.
Tanto basta per far scattare il dibattito sulle alleanze nel Pd. Parte il ‘solito’ Andrea Marcucci. «Il Pd per competere deve avviare un dialogo con Azione, Italia Viva ed i civici». Anche il senatore Alessandro Alfieri, coordinatore di Base Riformista, parla di «campanello d’allarme», di «crollo clamoroso» e «preoccupante» dei 5 Stelle su cui riflettere.
Giuseppe Conte annuncia la fase 2
«Questi dati non ci possono soddisfare», il Movimento «non riesce a stare sui territori» e a «intercettare le sofferenze» della gente. Non si nasconde, il leader pentastellato Giuseppe Conte. E dopo l’ennesimo flop 5 Stelle ci mette la faccia, annunciando la «fase 2» della riorganizzazione interna avviata ormai un anno fa ma «rallentata» – dice il presidente M5S in conferenza stampa – «sia da resistenze interne» sia da fattori «esogeni» come la diatriba legale in corso a Napoli.
Non sorridono al Movimento 5 Stelle queste elezioni amministrative, anzi. E l’ex premier lo ammette davanti ai giornalisti. Anche nelle città che hanno visto un’importante affermazione della coalizione ‘progressista’ (che per Conte non è in discussione nonostante il tracollo M5S certificato dalle urne) l’apporto dei pentastellati non si è rivelato determinante. Lo dimostra, ad esempio, il risultato di Verona, dove nello schieramento di centrosinistra a sostegno di Damiano Tommasi il simbolo del M5S non figura neppure.
Gli avversari interni di Conte ‘aspettavano’ l’esito delle amministrative per rimarcare ancora una volta il loro dissenso. Ma nel giorno dello spoglio anche i ‘nemici’ più rumorosi restano in silenzio di fronte alla Caporetto grillina: e intanto affilano le armi, in vista dei prossimi giorni che si preannunciano infuocati anche alla luce dell’attesa decisione dei giudici di Napoli sul nuovo ricorso presentato dagli attivisti contro lo statuto e la leadership di Conte. Un verdetto che rischia di disfare per l’ennesima volta la ‘tela di Penelope’ della rifondazione voluta dall’avvocato di Volturara Appula.