Oggi tutti al voto: libertà, democrazia e civiltà, si difendono votando

di Mimmo Della Corte

Speranza costretto ad arrendersi. Si vota senza bavaglio

«Una domenica bestiale». Ma, almeno, il voto in maschera, ci è stato evitato. Speranza ha scelto di «raccomandare fortemente» l’uso della mascherina nei seggi, rinunciando all’obbligatorietà. Così dalle 7 alle 23 di oggi potremo vedercela con le schede elettorali senza l’afflizione del bavaglio. Nove milioni in 978 comuni: 390 al Nord e 488 al Sud, dovranno rinnovare: altrettanti sindaci e 12.639 consiglieri comunali, con eventuale ballottaggio il 26 giugno e tutti i 50milioni di cittadini dovramo dire «si» o «no» ai 5 quesiti referendari sulla Giustizia.

Quanti effettivamente lo faranno, però, è impossibile, dirlo. Gli italiani sono sempre più lontani da politica e politicanti perché gli impegni di campagna elettorale sono sempre regolarmente disattesi dai «beneficiati». Il che fa del voto un rito «con il quale e senza il quale tutto resta tale e quale». Mentre quasi nessuno è informato dei quesiti su cui bisognerà esprimersi.

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Il segno degli italiani

Per timore che vincano i «si», partiti e media hanno tifato per l’assenteismo, senza pensare che una vittoria del «si» – vieppiù a causa del mancato raggiungimento del quorum – sarebbe il segno che agli italiani questa gestione della Giustizia, non piace. Sicchè, se anche i 9 milioni di residenti nei comuni impegnati nelle amministrative votassero tutti, l’ottenimento della soglia minima per la validità del risultato referendario sarebbe quantomeno improbabile. Come, del resto, il «sold out» del voto amministrativo.

Per la democrazia, però, è sperabile che gli italiani oggi decidano di recarsi tutti ai seggi per votare. A dispetto dei partiti che si sono tenuti alla larga dall’appuntamento referendario e dalla campagna elettorale per le amministrative, per non assumersi la responsabilità di un’eventuale sconfitta. Lega e Ms5, addirittura – per paura dei sondaggi, che dall’indomani delle politiche 2018 li danno in caduta libera, possano essere confermati dal voto – hanno pensato bene di non presentarsi ai nastri di partenza, o meglio si sono allineati allo start, ma sotto mentite spoglie.

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La Lega ha rinunciato alla propria identità

Nascondendosi, cioè, dietro loghi anonimi, più simili a calembour e giochi di parole che a simboli di partito. La Lega, al di sotto del Garigliano ha, addirittura, rinunciato alla propria identità territoriale ed ha optato per un generico e indefinito «prima l’Italia» e, in altre si è infilata in liste civiche e alleanze spurie. Stesso discorso per i pentastellati che si sono trasformati in un’associazione solidaristica: «ConTe» e nascosti in liste civiche con alleati vari ed eventuali, ma anche di non presentarsi per niente.

Attenti, però, a non sottovalutare l’importanza di questo «election day». E’ l’ultimo appuntamento generale con il voto e, quindi, il suo risultato rischia di avere pesanti riflessi in prospettiva politiche 2023. Sia sul fronte del governo, quanto a livello di coalizioni, mettendone a rischio i già precari equilibri. Nel centrodestra, ma anche nel centrosinistra.

Letta, i cespugli e il M5S

In cui, pur egemonizzandolo, Letta deve continuamente a fare i conti con cespugli, cespuglietti e 5S. Ancora di più nel primo, se i sondaggi – che danno Fratelli d’Italia primo partito del Paese – dovessero essere, come sembra certo, confermati dal voto reale. L’ufficializzazione del sorpasso, della Meloni e di FdI, infatti, oltre a cancellare la leadership di Salvini, nella coalizione, accentuerebbe le divisioni interne alla Lega, già spaccata fra governisti di Giorgetti e fans di Salvini, provocando ulteriori problemi al già traballante governo Draghi.

La voglia di recuperare di entrambi, sarebbe veleno per le ferite prodotte da: guerra in Ucraina e sanzioni alla Russia; crisi del grano; salario minino; fondamentalismo ambientale; stop alle auto diesel e benzina, con rischio aumento della disoccupazione; tassa green sulla spesa, calo del Pil; inflazione, rialzo dei tassi della Bce, ritorno dello spread e via di questo passo.

A dimostrazione che di risultati concreti dalla loro partecipazione alla maggioranza allargata, Lega e FI, in Europa, come in Italia, ne hanno portati a casa pochissimi. Anche se ne hanno annunciati tantissimi. «Stare con un piede in due scarpe», non ha funzionato. Nè per loro, né per Draghi. Ancora meno per l’Italia!

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