Una risoluzione che riforma l’Atto elettorale europeo, le procedure e le disposizioni
Presentata dalla commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo e votata dall’Assemblea plenaria riunita a Strasburgo una risoluzione che riforma l’Atto elettorale europeo, le procedure e le disposizioni cioè che hanno finora regolato le elezioni europee.
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Lo scopo sarebbe quello di dare più poteri ai cittadini che così potranno ora sostenere un partito politico costituitosi in Europa, un suo programma comune e, udite udite, scegliere persino il candidato al posto di Presidente della Commissione europea, in pratica un primo ministro europeo. Per i Commissari, i super ministri europei cioè, se ne riparlerà più avanti. Il famoso «andare riformando» dei padri fondatori viene così adeguato alle nuove esigenze del pensiero unico, passando come un trattore sui residui di sovranità nazionale esistenti, sulle tradizioni e sugli usi consolidati che ora dovranno forzatamente adeguarsi al verbo federale imperante.
Un passo supplementare viene così compiuto nella costituzione della società post-democratica avanzata dal trattato di Maastricht e da quello di Lisbona, con una differenza: il popolo non poteva più decidere alcunché, ma conservava almeno il diritto di votare come più gli era congeniale.
Siamo alle solite: il programma imposto ai popoli rimane scritto nei trattati operando un trasferimento di competenze importante dalle istituzioni tradizionali come i parlamenti e i governi, verso istituzioni «sui generis» incaricate però di dirigere i governi che già hanno trasferito le loro competenze ad organismi privati come il forum di Davos o l’agenzia McKinsley, come Macron ha fatto da poco, o tutt’altra struttura che raggruppi i rappresentanti di interessi finanziari, commerciali, industriali o mediatici privati.
Basta col votare i partiti che più si conoscono
Grazie ai Soloni del Parlamento europeo ora basta votare a giorni differenti, basta col votare i partiti politici nazionali che più si conoscono, basta col voler mantenere le differenze tra le età di voto nei diversi Stati membri, ora saremo confrontati a regole comuni anche per eleggere i membri del parlamento europeo, inutili carneadi quando il cittadino poteva controllare la loro opera nel territorio che li aveva eletti e, alla luce del nuovo sistema, in futuro irraggiungibili e sempre più sconosciuti.
Ormai bisogna far funzionare un sistema dove capitali, merci ed individui possono circolare liberamente in un territorio immenso dove le istituzioni nazionali sono costrette ad utilizzare quel poco che resta delle loro competenze per deregolamentare ciò che era più disciplinato come il diritto al lavoro o il diritto della funzione pubblica e alla fine dare al privato quello che apparteneva al servizio pubblico indipendentemente da ogni considerazione di interesse nazionale.
Ma per il funzionamento di questa nuova società evidentemente le elezioni conservano una parte di utilità anche se molti hanno capito che la scheda elettorale ormai non serviva più a nulla. Da questo forti percentuali di astensioni e di voti bianchi o nulli, proposte inascoltate di stabilire una responsabilità penale di mandato, di poter organizzare referendum di iniziativa popolare ed alla fine proposte paradossali di poter sostituire l’elezione con una semplice estrazione a sorte.
Ma gran parte dei cittadini crede ancora all’equazione: voto/democrazia, specialmente quelli che non conoscono i trattati. Cittadini, meglio soggetti, aiutati da una propaganda abilmente giostrata per fargli credere che l’idea di vivere in Europa in maniera differente da quella attuale sarebbe una mostruosità intellettuale.
Sconnettere ancora di più l’elettore dall’eletto
Organizzare un sistema di elezioni con liste transnazionali permetterebbe di sconnettere ancora di più l’elettore dall’eletto. Già, abbiamo accennato, con le liste nazionali per le europee non esisteva un legame fisico o di altra natura tra il cittadino e gli oltre 720 eletti per il compito richiesto dai trattati.
Con le liste europee gli italiani saranno rappresentati da italiani che non si conoscono ma anche da tedeschi, francesi o polacchi o da politici designati dai capi di altri partiti: sarebbe la negazione in senso assoluto della nozione di “rappresentanza” e questi strani eletti sarebbero soltanto gli attori di una politica che non si può più criticare e che non si può correggere, beneficieranno di una legittimità fittizia ma certamente operativa per fare funzionare un sistema diventato ormai regime, in nome ed alla faccia del popolo