È iniziato il periodo dei saldi per i razziatori finanziari americani
Ci sono frasi alle quali spesso si presta poca attenzione, ma che nascondono nuclei di verità rivelatori delle reali intenzioni dei protagonisti delle vicende internazionali, sprazzi di luce che illuminano scenari ai quali non si pensava o si prestava poca attenzione.
Una di queste è attribuita a Victoria Nuland, oggi portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, resa pubblica con un twitter dell’analista politico statunitense Garland Nixon il quale riferisce che la Nuland, a chi le chiedeva quali vantaggi avrebbero avuto gli USA dal far morire di freddo e di fame l’UE a causa delle sanzioni contro Putin, avrebbe risposto laconicamente: «meno europei».
Illuminante! Cosa avrebbe voluto dire davvero di diverso da quello che ha detto?
Sembra proprio augurare agli europei il genocidio dell’Holodomor, la carestia che agli inizi degli anni trenta del secolo scorso devastò l’Ucraina provocando milioni di morti a causa delle sconsiderate politiche economiche di Stalin. Nessuno s’interroga sulla violenza di tale espressione e nessuna autorità americana ha proceduto a smentire o chiarire.
Del resto la Nuland è la stessa che si rese protagonista attiva del colpo di stato in Ucraina quando era Sottosegretario di Stato per gli Affari Europei e Asiatici nel 2014. In quell’occasione, in un colloquio telefonico con l’ambasciatore americano a Kiev, Geoffrey Pyatt, discutendo dei futuri assetti post rivoluzione di Maidan, all’osservazione che ci sarebbe stato bisogno di concordare alcune decisioni con l’Unione Europea, rispose con la famigerata espressione «fack Europe!», che, tradotta al di fuori dello stile yankee, si potrebbe rendere con «al diavolo l’Europa!». Come si vede, l’Unione Europea riscuote grande considerazione dall’altra sponda dell’Atlantico.
Ed è sempre lo stesso Garland, che non può essere certamente tacciato di filo-putinismo, che ci informa che «gli addetti ai lavori della Casa Bianca affermano che i rapporti interni prevedono un completo collasso economico nell’UE entro pochi mesi, ma la Russia dovrebbe essere abbastanza ok… esattamente come previsto». Già! come previsto: per la Russia sarà un buffetto per la UE sarà un disastro.
Ma Garland ci offre ancora un’altra previsione non meno agghiacciante: «la mossa dell’amministrazione Biden di schiacciare le industrie e le risorse dell’UE sanzionando la Russia, in modo che Blackrock e altre aziende di Wall Street possano acquistarle per pochi centesimi sul dollaro, sta procedendo come previsto». È iniziato il periodo dei saldi per i razziatori finanziari americani. Come previsto!
Eppure il nostro governo si ostina a marciare imperterrito verso il baratro. Le difficoltà economiche alle quali sta andando incontro il popolo italiano sono ormai fin troppo evidenti per essere sottaciute.
Indossata la mimetica, l’elmetto e il giubbotto antiproiettile, Mario Draghi spinge tutti verso una guerra che non ci vede come contendenti diretti e dovrebbe essere vista alla luce dei reali interessi dell’Italia, che non coincidono con i desideri di Biden, della Nato, dell’Unione Europea, e meno che mai con quelli dei grandi gruppi finanziari che hanno interessi diretti in tutte le guerre.
Il principio di non ingerenza, che dopo la sanguinaria guerra dei trent’anni sembrava essere definitivamente fissato con la pace di Westfalia nel lontano 1648, non alberga nelle corde degli stati che si dicono civili e democratici. Ormai la neolingua la fa da padrona, come nel romanzo di George Orwell, 1984, sulla facciata del Ministero della Verità spiccano i tre famigerati slogan: «la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza».
Ed è proprio grazie alla forza dell’ignoranza ed alla schiavitù spacciata per libertà, che Mario Draghi può raggiungere le più alte vette dell’assurdo equiparando i condizionatori accesi alla “guerra” e l’embargo e le armi contro Putin alla “pace”. Ciò che però può valere come buono e giusto per chi risponde a poteri sovranazionali e a centrali economiche anti-nazionali, non può essere accettato a cuor leggero da chi dice di volere difendere «l’interesse nazionale» e si proclama «patriota».
Mette i brividi l’enorme consenso riscosso in parlamento dalla politica non certo pacifista dell’esecutivo, che coinvolge anche quelle forze politiche, in particolare a destra, che dovrebbero fare di tutto per fermare l’impazzimento generale e di mettere a fuoco i reali interessi dell’Italia.
Non dovrebbero dimenticare che è il Pd di Letta, forza trainante senza avere vinto le elezioni, ad essere il più incistato nel settore degli armamenti ed il più contiguo agli ambienti che pensano di risolvere la crisi ucraina gettando benzina sul fuoco.
La destra, che ha tanto gioito per la vittoria di Orban, finge di non conoscere la ragione del successo dell’amico ungherese, che dichiara senza timore: «Abbiamo vinto anche a livello internazionale contro il globalismo, contro Soros, contro i media mainstream europei».
Ce n’è per tutti e sulla guerra in Ucraina non potrebbe essere più chiaro: «Questa non è la nostra guerra, quindi vogliamo starne fuori e ne rimarremo fuori…»
Gli stessi conservatori americani hanno le idee più chiare di quelli di casa nostra e guardano con più imparzialità alle vicende ucraine. A tal riguardo, sono illuminanti alcuni passaggi di The American Conservative: «Le dichiarazioni degli Stati Uniti e di altri funzionari occidentali, così come i resoconti pervasivi nei media, hanno creato un’immagine straordinariamente fuorviante dell’Ucraina». La giusta premessa per un ragionamento equilibrato e non fazioso. Ed ancora: «Il dovere più fondamentale di Washington è verso gli americani, non gli ucraini». L’interesse nazionale innanzitutto.
Siamo di fronte ad una linea di condotta che stride con l’atteggiamento dei «patrioti» italiani, appiattiti sui funambolismi verbali di Draghi, del Pd e della grande stampa asservita ai potentati finanziari internazionali. Gli esponenti del centrodestra ieri erano estimatori convinti di Putin, Berlusconi lo considerava «un dono di Dio»; Salvini era disposto a cedere «due Mattarella in cambio di mezzo Putin»; la Meloni considerava la Russia «parte del nostro sistema di valori europei, difende l’identità cristiana».
Oggi accettano a cuor leggero le veline congiunte di Washington e di Kiev, e sprezzanti del pericolo, in una voluttuosa ammucchiata generale, ci spingono al suicidio economico per amore di Biden, di Zelensky e della UE.
Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali