Occhio a Draghi & C. | Caro bollette, sanzioni e costo delle materie prime non pesino sul Pnrr del Sud

I sindaci minacciano: taglio dei servizi o aumento delle imposte locali

C’è voluto un virus per farci capire che «niente sarà più come prima» ed è servita l’invasione russa dell’Ucraina per accorgerci che sarà molto, ma molto peggio. I prezzi crescono e l’inflazione esplode perché nessuno interviene sul caro energia, i sindaci minacciano: taglio dei servizi o aumento delle imposte locali, le sanzioni contro Putin sono un boomerang e la Cgil chiede un prelievo di «solidarietà» dell’1% sui grandi patrimoni (a che punto il pranzo diventa abbuffata?) e secondo BamkItalia, senza gas russo è recessione. Ormai è chiaro a tutti che è fallita la globalizzazione e bisogna rivedere tutto. Soprattutto in Italia.

A cominciare dal modo d’intendere la politica e ritrovare quello «spirito del dopoguerra» che, alla fine della seconda guerra mondiale, animò i nostri genitori e aprì la strada verso quello che il 25 maggio del 1959 il quotidiano britannico «Daily Mail» definì per livello di efficienza, prosperità e potenziale produttivo messi in campo uno dei miracoli economici più importanti del continente europeo. Quel sentimento che li spinse a mettere da parte odi e divisioni, tirarsi su le maniche e lavorare insieme alla ricostruzione del Paese. Che noi con la nostra ignavia, e i nostri politici in nome di un consenso vuoto a perdere (ovviamente per il Paese) siamo riusciti a distruggere.

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Ma stavolta non sarà cosi facile ripartire. Non ci sono i soldi – non facciamoci illudere da chi continua trionfalisticamente a «narrarci» di Recovery e Pnrr – ci sono, invece: la Commissione Ue, le divisioni, le contraddizioni, le norme per le quali come nella fattoria di Orvell siamo tutti uguali, ma c’è qualcuno, anzi più d’uno – ma non l’Italia – che è più uguale degli altri.

Il parere vincolante del Comitato economico finanziario

Tant’è che il primo marzo scorso, la Commissione Ue, ha acceso il semaforo verde ai primi 21 miliardi di finanziamento (10 di sovvenzioni e 11 a prestito) per il pnrr. Risorse, però, che – per la felicità del lettone, Dombrovskis vicepresidente della commissione che, alle prime voci di un possibile scostamento di bilancio per arginare il caro bollette, aveva avanzato dubbi sull’effettività dell’impegno italiano per la riduzione del debito – sono ancora bloccate in attesa del parere vincolante del Comitato economico finanziario. Anche in Europa, insomma, eduardianamente parlando, «gli esami non finiscono mai». Ancora di più, quando si parla d’Italia.

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Senza dire, poi, che quando, e se, arriveranno, serviranno a poco perché – causa l’esplosione dei prezzi delle materie prime – i costi da sostenere per la realizzazione delle opere saranno notevolmente più alti, rispetto a quelli preventivati in fase di progettazione. Secondo l’Ance, infatti, peserà per almeno 10 miliardi il costo sul Pnrr dei rincari di materie prime ed energia. Senza dire, poi, del possibile dirottamento di una parte di tali fondi, all’accoglienza dei profughi dell’Ucraina. Il che – anche alla luce della «stima» sempre dimostrata nei suoi confronti – c’è da scommetterci, finirà per calare come una ghigliottina sui fondi destinati al Sud.

Il mainstream politico settentrionale

Non è un caso che, sin dal momento dell’ufficializzazione della distribuzione territoriale delle risorse, il mainstream politico settentrionale continui a dire che quell’«almeno il 40%», che il dl sull’attuazione del pnrr gli attribuisce, è troppo e rischia di essere perso, per la mancanza nel Sud di professionalità capaci di gestire la realizzazione dei progetti. Il che è anche vero.

Ma ciò che pesa di più – come il sottoscritto va ripetendo da tempo immemorabile e forse questa sarebbe stata l’accasione ideale per provare a porvi rimedio – un’ipotesi progettuale che indichi cosa deve essere il Sud (un’area industriale, turistica, agricola, una piattaforma logistica per il Mediterraneo, una zona di interscambio o cosa?), di quali infrastrutture bisogna dotarlo, perché possa esserlo davvero.

E, poi, su queste investire tutte le risorse destinate al Mezzogiorno. Ma neanche stavolta è stato fatto, purtroppo. Anzi. E questo è da addebitare anche a chi, a livello centrale, ha disegnato la cornice del Pnrr senza indicazioni su quale missione affidare al Sud nel contesto dello sviluppo economico del Paese. Che non va solo riformato, ma rifondato.

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