Il bis di Mattarella al Colle riconferma Draghi a Chigi. Ora per gli italiani saranno guai

di Mimmo Della Corte

La ‘casta’ ha salvato poltrona e stipendio fino all’anno prossimo. È ora che il Presidente della Repubblica siano i cittadini a sceglierlo

Secondo il Fausto Carioti di ‘Libero’ «Draghi ora cambia marcia: zero pietà per i partiti» e questo perché, nell’occhiello che campeggia sul titolo i signori ministri sono già «Pronti ad una riforma a settimana». Già, peccato, però, che quel cambiamento di marcia e quello «zero pietà» sarà pagato soprattutto dai cittadini che dovranno accettare senza fiatare conseguenze e costi di quelle riforme volute dall’Ue per ridurci allo stremo e appropriarsi dei nostri risparmi e derubarci di tutte le nostre eccellenze.

E noi del Sud, sappiamo cosa significa – perché stiamo ancora pagando la conseguenza della finta unità (1861) che segnò la fine del Regno delle due Sicilie e la nascita del Regno d’Italia e rappresentò l’inizio della fine dell’Italia meridionale.

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Lo spettacolo di partiti e coalizioni (ma esistono ancora? Il centrodestra si è spaccato, il centrosinistra anche tranne che sul ‘no’ al voto) per l’elezione del Capo dello Stato non è stato granché edificante. E dopo 7 scrutini inutili, all’ottavo con 759 preferenze (in verità, vista la maggioranza bulgara che, a parole lo sosteneva 871 – quelli ufficiali, in realtà ancora di più – su 950 voti, se la matematica non è un’opinione sono quasi un centinaio i “maggiorenti” che non lo hanno votato) è arrivato il Mattarella bis.

Sarà una presidenza a tempo, come il Napolitano bis o durerà per l’intera legislatura?

Lo sapremo solo aspettando. A questo punto sembra scontato che Draghi resti alla sua poltrona a palazzo Chigi, per portare al termine il proprio compito: la realizzazione del Pnrr e il rilancio del Paese. Da italiano spero che ci riesca, ma da osservatore economico, non posso fingere di non rendermi conto che, al di là, delle chiacchiere vuoto a perdere di ‘lorsignori’ tutto è ancora ferma da un pezzo. Non è un caso che Draghi voleva rifugiarsi sul Colle, lasciando ad altri la responsabilità dell’eventuale flop.

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Ma sarebbe il caso che lorsignori si rendessero conto che se, per l’ennesima volta, sono finiti nel solito imbuto elettorale dal quale si fa fatica a uscire con l’«habemus papam» lo si deve, soprattutto, alla legge elettorale del Parlamento ovvero la Rosatellum. Cancellando il premio di maggioranza a beneficio della coalizione che esce dalle urne con la maggioranza relativa, previsto dalla precedente legge Mattarella, ha finito per riempire il Parlamento di tante minoranze, ma nessuna maggioranza.

Per cui, per governare, come in questa legislatura, occorre mettere insieme il diavolo e l’acqua santa. Una “comunione” che però da un lato stenta a funzionare nell’attività legislativa ordinaria per l’enorme distanza fra le parti e dall’altro rende assolutamente complicata l’elezione del Presidente della Repubblica, per la quale non è sufficiente la maggioranza relativa, ma nelle prime tre votazioni serve la maggioranza speciale ovvero i 2/3 dei grandi elettori: deputati, senatori e delegati regionali, e dalla quarta serve quella assoluta.

Il sistema elettorale e la riforma costituzionale

È tempo, quindi, di ripristinare il premio di maggioranza e, soprattutto, mettere a punto una riforma costituzionale che consenta ai cittadini di votare direttamente il Presidente della Repubblica. Solo così, sarà possibile eleggere velocemente il primo cittadino d’Italia, evitando: il gioco delle parti; le astensioni dimostrative di massa; veti incrociati: messaggi in codice che passano sulla testa dei cittadini, facendogli credere tutto e il contrario di tutto; nomi e curriculum – anche di prestigio – offerti in pasto all’opinione pubblica e bruciati a velocità supersonica ancora prima di sottoporli al vaglio degli aventi diritto al voto.

Per altro, senza alcun rispetto per i diretti interessati, buttati nella centrifuga delle chiacchiere da bar dello sport o, peggio ancora, in qualche caso nelle macchine del fango di certa stampa, senza scrupoli.

Eppure sin dal primo giorno di votazioni, probabilmente lo avrete notato anche voi, partiti e coalizioni ci hanno “abbuffati” di: «Bisogna far presto, il Paese non può aspettare». Giusto, ma sarebbe stato opportuno che a quel «bisogna far presto» qualcuno avesse aggiunto anche un «… e bene». Far presto e male serve a nessuno. A quel punto, però, avrebbero dovuto far seguire anche cosa bisogna fare «per fare bene».

Gli interessi del Paese e dei cittadini

Sarebbe stato indispensabile che il dibattito – anzi, meglio la guerriglia tra partiti e poli – che ha tenuto tutti col fiato sospeso, sul nome di chi dovesse «ascendere» al Colle avesse avuto come priorità gli interessi del Paese e dei cittadini. Del che, non si discute da almeno due mesi.

Il silenzio è calato su: venti di guerra tra Ucraina e Russia; la pandemia dalla quale non riusciamo a uscire o la sanità in crisi, e nessuno si è ricordato di dire a Speranza che, alla luce dei dati e come stanno facendo gli altri Paesi, è arrivato il momento di invertire la rotta della sua strategia masochista anticovid.

Nessuno ha parlato della disoccupazione; del caro Energia e del caro bolletta; del taglio delle stime Fmi da +4,4 al +3,8 del Pil italiano 2022; dell’esigenza di rivedere il Pnrr causa l’aumento di costo delle materie prime e la conseguente crescita dell’inflazione, né qualcuno si è preoccupato del fatto che l’Ue vuole propinarci l’ennesimo ceffone e tagliarci i fondi Pnrr, perché il «rimbalzo» del nostro Pil 2021, a suo dire, risulta essere troppo alto. Questioni che sono state citate da qualche «sinistrato». Ma solo per accusare il Centrodestra di perdere tempo.

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