Emoziona l’aria di festa e le luci che accompagnano il Natale, non la retorica che lo accompagna

di Luigi Rispoli

Le passerelle di chi va a trovare i poveri, di chi organizzerà pranzi di solidarietà come atti unici nella loro triste esistenza e poi se ne dimentica

Ancora oggi il Santo Natale suscita in me quelle emozioni come quando da ragazzino lo aspettavo con ansia. Mi piacciono le luci, l’aria di festa, l’atmosfera, i presepi gli addobbi, i regali e quell’evento straordinario, ancora oggi ricordato, che è la grande gioia ricca di significati dell’avvento di Gesù.

Quello che mi piace meno è la retorica che accompagna questa festa, quel finto buonismo che ci proietterà in una dimensione stretta tra amore e ipocrisia, tra lusso e povertà, tra egoismo e bontà. La falsità di chi sotto le luci dei riflettori e delle telecamere accese dirà parole di finto altruismo. Le passerelle di chi va a trovare i poveri, di chi organizzerà pranzi di solidarietà come atti unici nella loro triste esistenza. Nei messaggi, nei discorsi, nei comunicati, negli interventi, non ci sarà una sola frase senza un pensiero rivolto a chi ha più bisogno tanto non costa niente.

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Chi andrà tra i soldati, chi tra i barboni, chi sarà tra gli immigrati, chi tra zingari e drogati. Chi aspetterà la mezzanotte tra i terremotati che in Italia non mancano. Si scatenerà, insomma, la fiera della vanità buonista, del falso altruismo. Le parole buone si sprecheranno. Qualcuno, pochi per la verità, per stare più tranquillo farà un versamento in conto corrente per fare la buona azione da raccontare ripetutamente a parenti e amici in ogni occasione. Ma basterà guardarli in faccia per capire che alla fine della commedia, i più torneranno alla vita di tutti i giorni chiusi nel proprio egoismo e nella propria grigia esistenza.

E se quest’anno rivolgessimo la nostra attenzione verso i nostri anziani? Quanti di quelli che fanno i buoni per un giorno magari non trascorreranno le vacanze con i propri cari più vecchi abbandonandoli a qualche badante, nelle Case di riposo o nelle RSA, tradendo le aspettative che le persone anziane nutrono nei confronti della presenza e del ruolo dei familiari.

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La solitudine negli anziani

Eppure, sappiamo che la solitudine negli anziani, specie in giornate come queste, può portare alla depressione, che diventa, poi, assenza di interesse verso sé stessi e verso il mondo che li circonda. Può portare gli anziani soli addirittura a perdere interesse per il cibo e per la cura del proprio aspetto e della propria salute, entrano cioè in quella fase nella quale attendono con impazienza di lasciare il mondo terreno pur di «non dare più fastidio».

Quante volte abbiamo incontrato persone anziane che vivono con grande sofferenza il peso degli anni, che preferiscono perdersi nei loro pensieri piuttosto che parlare, che vivono nella continua paura di restare da soli, che ascolteranno senza reagire quelli che li chiameranno vecchi per offenderli.

La società nella quale viviamo non apprezza il valore degli anziani, non ne comprende il prezioso patrimonio culturale e di esperienza e li relega ai margini perché per loro non c’è posto nella società capitalista, nel mondo dove l’unica cosa che conta è arrivare, una vita fortemente condizionata dalla globalizzazione e dal consumismo, dalla massificazione degli usi e dei costumi.

Oggi le emozioni vengono pilotate e sostituite da freddi spot pubblicitari, la realtà deformata attraverso le telecamere dei vari reality show. Tutto viene controllato, manipolato, per costringere all’uniformità le masse, non più singole identità personali ma una collettiva più facilmente condizionabile al consumo economico, politico e culturale.

Posti di lavoro e/o occupazioni compatibili con la loro età

È per questo che gli anziani secondo alcuni «non servono più», perché sono estranei a questo mondo, non lo capiscono e neanche gli interessa capirlo e, quindi, confinati negli interstizi della società. Recenti inchieste hanno dimostrato che le persone della cosiddetta «terza età» boccino i servizi assistenziali creati dalle singole amministrazioni, chiedendo invece la creazione di posti di lavoro e/o occupazioni compatibili con la loro età ed esperienza. Attività dove possono conferire il loro capitale di conoscenze e competenze per sentirsi ancora utili ben sapendo che essi sono parti integranti della storia, anzi sono la storia stessa, baluardi da tutelare.

Quindi quest’anno facciamo un bel regalo ai nostri anziani, riportiamoli in famiglia a trascorrere con noi le festività, impariamo a considerare gli anziani prima di tutto come una risorsa piuttosto che un peso, riannodiamo quel filo che in passato ha sempre legato i nonni con i nipoti perché si tratta di un patrimonio di insegnamenti che non si imparano sui banchi di scuola, ma passandosi il testimone fra grandi e piccoli.
Papa Francesco ha detto: «[…] la vecchiaia è un dono e i nonni sono l’anello di congiunzione tra le generazioni, per trasmettere ai giovani l’esperienza di vita e di fede. I nonni, tante volte sono dimenticati e noi dimentichiamo questa ricchezza di custodire le radici e di trasmettere».

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