Draghi ha capito che passare dalle parole ai fatti non sarà facile e prova a scappare
Nella dichiarazione – in cui esprime il desiderio/ambizione di rivestire, avendo l’età, i panni di un nonno delle istituzioni – ha evocato tutta la fragilità di una posizione autorevole rimasta scottata e frustrata, laddove ha trovato difficile a ottenere buoni risultati da questo sistema fatto di regole senza un gioco fattibile. Neanche Draghi, quindi, crede più ad un salto di qualità della governabilità italiana.
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Né il millantato credito sui buoni risultati su vaccini, PNRR e sicurezza può convincerci sull’interpretazione del suo presunto ‘buon governo’. Rimane un’interpretazione di parte, rimane inascoltabile cantore di un mondo senza virtù con tanti misteri e pochissime soluzioni. Draghi propone un sè alternativo, quello che da guida si trasforma in garante delle istituzioni, un economista che ha fatto delle operazioni finanziarie il suo sport preferito viene risucchiato dal vegetare comodo al Quirinale.
Forse perché stanco delle difficoltà dell’operare, dell’essere guardingo sul fronte bellico, in cui ci vorrebbero più energie ed invece lui può fare solo promesse senza riscontri. Ecco che il leader perde charme quando si rivolge in termini astratti ad una realtà che pretende concretezza e lui risponde con un’idea vuota di speranza. Per cui cosa ci dobbiamo augurare prima della fine dell’anno? Cosa possiamo coltivare con intelligenza dando uno sguardo all’orizzonte? Ed, infine, cosa dobbiamo immaginare per un’Italia che continua a navigare a vista?
Governo Draghi, un’occasione mancata
Ebbene i quesiti incombono e forniscono un destino, ancora una volta, cinico e baro: ossia che appare più come una scommessa che può tradursi in bluff. Ovvero come un’occasione mancata, che, malgrado Draghi, rimane preda di un sistema attardato a vincolarsi a poteri, interni (disfama bancario) o comunitari, senza sapere responsabilmente essere adulto. È proprio così che l’Italia non trova un respiro lungo, restando in una età infantile crogiolandosi in chiacchiere e incapacità, in esercitazioni di stile e povertà strutturale, in palinsesti intraducibili ed in idee senza strategie.
In tutto questo Draghi che doveva a rivestire un ruolo provvidenziale si pone, senza soluzione di continuità col recente passato, come sterile, occasionale, insoluto. Così come una verità disvelata che ci impone una necessità: la politica deve riacquistare valore e forza con un rinnovato consenso e con un profondo senso della sfida, soprattutto quando l’economia si è ridotta ad uno specchio/riflesso di fallimenti e povertà.