Ancorare le nostre condotte alle ragioni di umanità e soprattutto di responsabilità
La figura di Don Luigi Sturzo è miliare per un rinnovato progetto democratico in tempi di crisi, in cui le stagioni politiche assumono i connotati fragili di chi non sa più come orientarsi nel frastuono liquido, dove le urla e le frasi ad effetto hanno la meglio sui ragionamenti compiuti e sugli approfondimenti necessari sull’attuale stato dell’arte.
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Ebbene in questo quadro la democrazia, come regolazione e rappresentatività degli interessi, è e deve essere capace di compiere la necessaria scelta di una strumentazione che sia in grado di coniugare istanze ed aspirazioni, autonomia e responsabilità, interessi diffusi e diritti individuali dentro un orizzonte orientato a trovare sintesi qualificate nel segno dell’interesse generale.
Tutto questo va inteso come momento attraverso cui declinare il tutto, come persone e come istituzioni, all’insegna del coraggio e della creatività, ma non solo per l’universo cattolico, ma per tutti coloro che provano ad impegnarsi, assumendo i valori dell’identità territoriali, come cifra distintiva e caratteristica di un discorso fluente con cui assimilare e declinare una pluralità di valori, vi sia una ricchezza di confronti che devono dirigersi verso una nuova politica costituente in cui l’autonomia sia interpretata come possibilità di intercettare idee innovative e ri-contestualizzate e soprattutto che miri a ricercare e trovare una sintesi vitale tra storia e visione laica, tra competenza professionale e ordine logico ed istituzionale, da definirsi nell’applicazione pratica di una nuova armonia, in cui la comunità fornisca la sede di tutela e di misurazione del bene diffuso e delle solidarietà condivise.
L’impegno organico e coraggioso delle comunità per dare corpo, forza e sostanza
Senza questa visione sociale le ragioni della politica degradano in traduzioni domestiche in cui gli egoismi si impongono e soprattutto si qualificano come occasioni mancate. Perché solo con l’impegno organico e coraggioso delle comunità territoriali si può dare corpo, forza e sostanza all’idea retta di essere laici ed al tempo ricchi di spirito per dare forma alla presenza umanissima del fare politica e del trovare soluzioni per tutti.
Seguendo questa direzione di marcia Sturzo ci aiuta a capire, al di là del popolarismo, quanto sia importante l’impegno in politica e soprattutto ci spinge ad essere vitali nel costruire una dimensione di riflessione “comune”, rivolta allo stare insieme senza scelte improntate al frazionismo “particulare” o a dilettantesche interpretazioni internazionalistiche.
Oggi per una rediviva ed aggiornata interpretazione sturziana, ma ancora più per noi che abitiamo questo contesto, l’esempio del prete calatino è sfida per ancorare le nostre condotte alle ragioni di umanità e soprattutto di responsabilità nel dare segno visibile e tangibile, in politica, del servizio che ciascuno di noi deve esprimere e dare alle comunità a cui appartiene.
La democrazia compiuta
Qui si può tornare a parlare di un progetto sturziano laddove si rammenti l’idea, poi non compiutamente realizzata, delle elezioni del ’53 a Roma ove si delegò la figura del prete calatino per organizzare un listone che unisse tutte le anime del centro-destra (dalla DC, ai liberali al MSI) per uscire da una democrazia antifascista e protetta con la “legge Scelba” e passare ad una democrazia compiuta che verta sul manifestato consenso che avrebbero dovuto esprimere il 100% degli italiani senza parziali abiure o riserve perimetrate per escludere affinità ove si volesse dare corso a esclusioni aprioristiche.
Su questo Don Sturzo fu un antesignano proiettato nel futuribile, non del tutto compreso, di modernità e di aperture poste a difesa delle libertà democratiche e dei diritti politici che devono essere esercitati paritariamente da tutti a seconda del consenso ricevuto.