Il senatore: «Ennesimo sfregio alle istituzioni che mostra una volta di più l’arroganza di un governo al quale avevo già sottoposto una interrogazione»
«Apprendiamo da notizie di stampa che fra sette giorni verrà firmato il Trattato del Quirinale tra Italia e Francia senza che il Parlamento ne abbia minimamente potuto discutere e senza che ne sia stato informato. Si tratta di un ennesimo sfregio alle istituzioni che mostra una volta di più l’arroganza di un governo al quale avevo già sottoposto una interrogazione al riguardo per intervenire in sede europea per chiedere la sospensione di ogni procedura legata a questo documento».
Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia Andrea de Bertoldi, segretario della Commissione Finanze di Palazzo madama.
«Si tratta – osserva de Bertoldi – di un trattato che presenta evidenti squilibri che verrebbero a determinarsi per il nostro Paese in ambito nazionale ed europeo, un trattato che prevede una cooperazione tra Roma e Parigi a più livelli: dalla difesa, all’industria, dall’energia, alle politiche europee sui migranti, nonché la riforma del patto di stabilità».
de Bertoldi: «Forte influenza francese può addirittura aumentare»
«Si rischia che la già forte influenza francese possa addirittura aumentare; il diverso livello di golden share – sottolinea de Bertoldi – ovvero l’istituto giuridico in forza del quale uno Stato, a seguito del processo di privatizzazione di un’azienda pubblica, riserva poteri speciali al fine di tutelare la collettività esistente tra i due Paesi, determina infatti già oggi con estrema facilità, che un’azienda italiana passi in mano francese piuttosto che il contrario».
«Tra il 2015 e il 2016 – evidenzia de Bertoldi – proprio la Francia ha effettuato, operazioni di acquisizione di quote in Italia per 5 miliardi di euro, nei confronti di Telecom Italia e Mediaset e sin dal 2006 la stessa Francia ha acquisito quote d’imprese italiane per circa 52 miliardi di euro, rilevando 185 aziende: così come anche l’alta finanza italiana è divenuta sempre più transalpina, considerato che Unicredit ha venduto, nel 2017 per poco meno di 4 miliardi di euro, la sua Pioneer (un’ottima società di gestione del risparmio con 200 miliardi di euro di proprietà italiana) alla francese Amundi».
«Considerata l’importanza di questo trattato – conclude de Bertoldi – sarebbe stato necessario che il governo avesse informato il Parlamento nelle sedi competenti ma questo non è avvenuto mentre adesso ci ritroviamo nel bel mezzo della discussione della manovra di bilancio».
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