Lukashenko sulla scia di Erdogan che, con la complicità di un UE consenziente, ha affinato un concetto dall’alto valore “morale”
La controversa rielezione di Lukashenko alla presidenza della Bielorussia non poteva lasciare indifferente l’Unione europea che aveva immediatamente deciso di dover punire tutto il paese utilizzando il regime delle sanzioni economiche. Da buon despota Lukashenko non poteva certo rimanere a guardare e, sull’esempio tracciato dal sultano Erdogan, ha deciso a sua volta di utilizzare una temibile arma deterrente: i flussi migratori.
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Si deve infatti ad Erdogan l’invenzione di questa formidabile arma di vero e proprio ricatto che consiste nella richiesta di soldi in cambio del mantenimento sul suolo turco dei milioni di migranti in provenienza dalla Siria, ma anche dall’Iraq, dall’Afghanistan, Pakistan, Yemen, Sudan ed Eritrea: una lista molto lunga.
Ma l’imbelle Europa ha deciso di cedere a Erdogan su tutta la linea, senza chiedergli conto di non aver impedito il transito delle decine di migliaia d’islamisti che andavano a portare la jihad in Siria ed accettando che la Turchia continui ancora ad occupare illegalmente un’intera provincia siriana.
Ma per il dogma political correct il cattivo resta sempre Bachar. Erdogan, con la complicità di un UE consenziente ha affinato un concetto dall’alto valore morale: chiedere soldi per trattenere i migranti sul suolo turco.
Gli europei avrebbero dovuto dire a Erdogan che quello dei migranti era un suo solo problema invece la vigliaccheria ha sostituito il buon senso e hanno accettato il ricatto, iniziando a pagare. Almeno tre miliardi a tutt’oggi che aumentano continuamente perché quando gli assegni europei tardano il neo sultano organizza l’invio di qualche migliaio di migranti verso la frontiera greca, teatro recentemente di gravi scontri senza che l’Unione abbia osato intervenire e, molto peggio invece, abbia rivolto il suo interesse altrove.
Incoraggiati dai risultati ottenuti dai turchi, anche i bielorussi si sono lanciati nel ricatto migratorio
Dalla scorsa estate parecchie migliaia di migranti hanno affittato aerei charter e sono partiti da Damasco, Beirut, Istanbul e persino da Dubai, con destinazione Minsk, capitale della Bielorussia, da dove sono stati dirottati verso la prima frontiera europea, quella polacca che, ancora oggi, tentano di passare in forze aggredendo violentemente le guardie di frontiera polacche.
L’Unione europea si trova in grande imbarazzo e, anche se tentata di ricominciare a dare lezioni di morale alla Polonia, se ne deve guardare bene perché se intimasse ai polacchi di aprire le frontiere, innanzitutto infrangerebbe basilari regole di diritto internazionale e, secondariamente, provocherebbe la reazione della Polonia, a questo punto felice di dirottare questi flussi migratori direttamente verso la Germania.
La situazione degenera giorno dopo giorno e la sola cosa che si arriva a fare è quella di sanzionare, sempre troppo tardi però, le compagnie aeree che si sono prestate al trasporto dei migranti. Sempre più facile però fare così anziché tornare a punire la Siria che non dovrebbe essere troppo scontenta di potersi sbarazzare di qualche migliaio di curdi o di siriani dal pedigree incerto. Per quanto riguarda il Libano, paese egualmente sotto sanzione da parte europea, basta ricordare come il suo aeroporto sia completamente sotto il controllo di hezbollah.
Le sanzioni dogma della politica Euro-Americana
Il regime delle sanzioni che costituisce oggi il dogma della politica estera Euro-Americana, alla fine si rivolge contro i suoi stessi iniziatori. La Bielorussia infatti è già sotto sanzioni e l’Europa, invece di cercare il dialogo con Lukashenko, proprio con le sanzioni rischia piuttosto di renderlo più forte. Oggi tutti fingono di non sapere che solo la Russia ha una certa influenza sulla Bielorussia e che un suo intervento potrebbe essere salutare in questo contesto.
Resta che anche la Russia è sotto sanzione da parte dell’Europa e a questo punto come potrebbe essere giustificabile e veramente ragionevole chiedere l’aiuto di un Paese che, a suo turno, è sotto il regime delle sanzioni europee?
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