Dal Regno Unito alle olimpiadi, passando per la musica, ecco come il calcio si è tinto di rosa
«Perché, perché, la domenica mi lasci sempre sola, per andare a vedere la partita, di pallone, perché, perché, una volta non ci porti anche me?» Queste sono le parole cantate da Rita Pavone, nella canzone: la partita di pallone. Era il 1962 e da allora n’è passata di acqua sotto i ponti. Il mondo è cambiato, si è evoluto e oggi le donne sono parte integrante del calcio.
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Ma quando è nato il calcio femminile? In che misura è presente in Italia ed in Campania? Riusciranno le donne a penetrare in questo sport (da sempre considerato di sesso maschile), abbattendo tutti gli stereotipi? Il calcio ha incominciato a tingersi di rosa, in Inghilterra , a partire dal XIX secolo.
Era il 1895, quando venne disputata la prima gara ufficiale tra esponenti del gentil sesso, gare che fungevano da dopolavoro per le operaie delle fabbriche; era invece, il 1933 quando in via Stoppani 12, Milano, venne formata la prima società calcistica femminile italiana, sciolta dopo pochi mesi, a causa dei divieti fascisti. Divieti ispirati alla logica, secondo la quale, la donna doveva essere moglie e madre, ma non calciatrice.
Con la caduta del regime, nacquero nuove società, come la Triestina, il San Giusto, il Napoli. Il 1895 ed il 1933, non sono uniche le date che segnano l’ingresso delle donne nell’universo (maschile) calcistico: il 1968, è l’anno in cui nacque la federazione italiana gioco femminile ed in cui si tenne il primo campionato, vinto dal Genova; il 1986, è l’anno che segna l’ingresso del calcio femminile nella FIGC (seppur tra i tornei dilettantistici); nel 1991 si tenne il primo campionato mondiale (disputatosi in Cina); il 1996, invece, ha segnato l’ingresso delle donne nelle olimpiadi (tenutesi ad Atlanta).
Ma, fatto quest’excursus storico, oggi, com’è messo il calcio rosa in Italia ed in Campania?
Stando ai dati federali (risalenti al 2018), in Italia vi sono 25896 calciatrici tesserate per la Federcalcio, di cui 12908 under 18 (il 54% del totale) e ben 677 società registrate, delle quali 24 presenti nei campionati di A e B, gestite direttamente dalla FIGC, la quale, dal 2018 si occupa anche della Coppa Italia, del campionato primavera e della supercoppa. La federazione si occupa anche di strategie di sviluppo del settore (in termini qualitativi e quantitativi), delle nazionali (dalla maggiore all’under 16) e dei settori giovanili (con l’ausilio dei centri federali territoriali).
Un ruolo di primo piano, viene svolto anche dalla lega dilettanti, che gestisce il campionato interregionale e quelli di serie C e D. Passando dal piano nazionale a quello internazionale, l’Italia fa sentire la propria voce, con ben 2 squadre partecipanti alla Uefa Champions League, oltre alle belle prestazioni delle nazionali.
E la Campania? Il nostro territorio è presente in A con ben 2 squadre: il Napoli (nato negli anni 50 del novecento e che nel 2017 si trovava in C) ed il Pomigliano (nato soltanto nel 2019). Ma soprattutto è presente a livello dilettantistico. Alla luce di tutto ciò, possiamo dire che il calcio femminile è un esempio di emancipazione e di distacco dal concetto dell’angelo del focolare (vista solo come moglie e madre, addetta alle faccende domestiche), che per troppo tempo ha ingabbiato la donna, dal punto di vista psicologico e sociologico.
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