Pokerissimo del governo: cinque fiducie in una sola settimana. Ma nessuno ne parla

di Dario Caselli

Solo al Senato i tre giorni quattro voti di fiducia. FdI attacca e parla di azzeramento del Parlamento, e nella Lega scoppia il caso Donato

Se non è record poco ci manca. Saranno ben 5 le fiducie che il governo chiederà in Parlamento questa settimana, una alla Camera e ben quattro al Senato. E tutto questo nel completo silenzio di Istituzioni e media, con questi ultimi attenti soltanto a mettere il dito nella crisi della Lega che ieri a Montecitorio ha dimostrato di essere sempre più in affanno di linea politica.

Era stato il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Luca Ciriani, al termine della riunione dei capigruppo a lanciare l’allarme ed a puntare l’indice contro governo e maggioranza: «Il governo ha preannunciato 4 voti di fiducia in 48 ore: uno sul disegno di legge sul processo civile, due sul ddl penale e uno sul cosiddetto green pass 2 che arriverà dalla Camera. È inaccettabile, siamo alla compressione totale del ruolo democratico del Senato e all’azzeramento del ruolo del Parlamento nel disinteresse totale delle istituzioni, della stampa».

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Condanna ripresa dopo poco dalla leader del suo partito, Giorgia Meloni, che parlava di «deriva preoccupante» e di un «Parlamento mortificato» dove «l’opposizione non può dire la sua: una deriva preoccupante per la nostra democrazia».

Condanna che però ha incontrato il silenzio, a conferma di una legislatura dove ogni forzatura è consentita e tollerata. Basterebbe ricordare che per molto meno un tale di nome Silvio Berlusconi quando era al Palazzo Chigi fu spettatore di caroselli, girotondi e manifestazioni in piazza. Segno del cambiamento dei tempi ma anche di come sia volubile il concetto di democrazia, mutando a seconda della prospettiva dalla quale si osservi.

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Dal canto suo forte di questo totale silenzio il governo va avanti

Dopo giorni di attesa finalmente ha visto la luce il decreto sul ‘super green pass’. Ieri sera è stato firmato dal presidente della Repubblica ed oggi dovrebbe essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Quindi dal 15 ottobre il certificato verde digitale diverrà obbligatorio per poter lavorare, pena la sospensione dallo stipendio, a conferma di quel mutamento in corso della nostra democrazia dove ormai non è più il lavoro ad essere fondamento della nostra Repubblica ma piuttosto il green pass.

Ma tant’è. E così stampa e tv indugiano sulla crisi politica della Lega, che per carità esiste ed anzi si trascina da tempo, ma che forse sarebbe secondaria rispetto ad altre emergenze. Crisi testimoniata dalla spaccatura al momento del voto di ieri alla Camera sulla fiducia al dl green pass bis, quello riguardante la scuola, dove 80 deputati della Lega hanno votato a favore mentre 52 sono stati gli assenti, di cui 41 ingiustificati.

Numeri che alimentano le voci di una spaccatura all’interno del partito del Carroccio, sostenuta anche dalla pubblicazione da parte di Repubblica di un dialogo tra la parlamentare europea della Lega Francesca Donato e il capogruppo a Strasburgo, Marco Zanni, il quale attacca il segretario troppo compiacente nei confronti del premier Mario Draghi.

Francesca Donato: «Non mi trovo più a mio agio»

Francesca Donato

E proprio la Donato getta benzina sul fuoco sbattendo la porta del partito e spiegando: «Non posso più stare in un partito che sostiene l’esecutivo Draghi. La linea contro il green pass, pur condivisa da larga parte della base, è diventata minoritaria: prevale la posizione dei ministri, con Giorgetti, e dei governatori. Io non mi trovo più a mio agio e tolgo tutti dall’imbarazzo».

Accuse su cui Salvini fa spallucce ribadendo che l’unità: «C’è la Lega, punto. È chiaro che il primo partito del Paese che ha milioni di italiani che gli danno fiducia ha sfumature diverse, però noi vogliamo tenere insieme salute e lavoro». Parole che però non fugano tutti i dubbi e che piuttosto alimentano le voci di un redde rationem dopo le elezioni amministrative. Consultazioni che non dovrebbero portare risultati esaltanti alla Lega, aprendo così un nuovo fronte interno di polemica.

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