Con il super green pass il governo spera nella ‘quota 90’. Raggiungere l’immunità di gregge già ad ottobre

di Dario Caselli

Nel governo c’è soddisfazione e si guarda con fiducia all’autunno. Intanto nella Lega si mastica amaro, ma tutto è rimandato a dopo il voto

Il giorno dopo il via libera al decreto che ha varato il super green pass è tempo di riflessioni. Nel governo, tra i partiti della maggioranza (vedi soprattutto la Lega) e l’opposizione stessa.

Nel governo, in particolare a Palazzo Chigi, c’è soddisfazione per come è stata sbrigata la pratica. In maniera veloce e indolore, senza creare strappi e polemiche. E dire che all’inizio i dubbi erano molti, visto come la Lega si era mossa alla Camera. Quei voti insieme all’opposizione di Fratelli d’Italia avevano preoccupato alquanto, inducendo a una maggiore prudenza.

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Poi nel corso di qualche giorno tutto è cambiato, soprattutto nella Lega dove l’operazione di convincimento-isolamento di Matteo Salvini è andata avanti sotto la spinta di due fronti: quello dei governatori del Nord e quello dei ministri, tra cui in particolare Giancarlo Giorgetti. Il resto poi l’hanno fatto i soliti sondaggi, ormai diventati l’oracolo a cui affidarsi prima delle scelte da fare. Numeri che, da un lato, hanno evidenziato come la campagna no green pass non spostasse voti a favore del Carroccio e, dall’altro lato, quelli che dimostravano ampiamente come l’elettorale leghista fosse non soltanto propenso all’adozione della carta digitale ma addirittura dello stesso obbligo vaccinale.

Da qui quella breccia nella quale si è insinuato Mario Draghi e che grazie alla quale ha potuto varare un decreto che impone il green pass per tutti i lavoratori, sia del settore pubblico e sia di quello privato. Un risultato insperato, appunto, all’inizio.

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Il governo Draghi, il super green pass e quota 90

Ora il governo guarda alle prossime tappe e su tutte quota 90, cioè il 90 per cento di italiani vaccinati per fine mese. Già nella conferenza stampa di giovedì sia Brunetta e sia Speranza avevano candidamente ammesso che l’estensione dell’obbligo del green pass punta a stimolare e dare un’ulteriore accelerazione alla campagna vaccinale, che proprio nelle ultime settimane ha iniziato a mostrare il passo. Una sorta di effetto annuncio, che porti a compiere l’ultimo miglio così da poter affrontare l’arrivo dell’autunno senza la preoccupazione di nuove chiusure.

Anzi, come ha detto lo stesso Draghi nel corso del Consiglio dei ministri, l’intento è quello di continuare sulla strada di ulteriori aperture. È quello che chiede, ad esempio, il ministro Franceschini che sotto la spinta del mondo dello spettacolo, in particolare cinema e teatri, chiede il ritorno alla piena capienza.

La tesi è che se i treni possono essere utilizzati al loro massimo per quale ragione non può accadere lo stesso per cinema e teatri. In fin dei conti con il green pass, mascherine e l’incedere della campagna vaccinale sarebbe incomprensibile continuare ad imporre limitazioni a questo settore. Se ne parlerà a fine mese, quando arriveranno i dati della curva epidemiologica al netto dell’apertura delle scuole, e lì si capirà se il Paese può permettersi il ritorno alla normalità anche nel mondo dello spettacolo.

Super green pass, lo smacco politico per il ‘capitano’ Salvini

Alla soddisfazione del governo fa, chiaramente, da contraltare il nervosismo in casa Lega dove Salvini mastica amaro. Il via libera al super green pass è stato uno smacco politico.

La linea politica del ‘capitano’ è uscita sconfitta ed a poco serve ripetere che «se ci saranno tamponi gratuiti o sottocosto per milioni di italiani, disabili, bambini, fragili, anziani, è grazie alla Lega. Se il tampone non durerà due giorni, ma tre giorni è grazie alla Lega. Se non c’è l’obbligo vaccinale è grazie alla Lega, se non devi tirare fuori il Green pass per salire sull’autobus è grazie alla Lega».

La realtà dice che alla fine il pragmatismo di Giorgetti ha avuto la meglio. Se a questo si aggiunge la bocciatura da parte del Consiglio di Stato della lista della Lega alle comunali di Napoli, e alla sempre più rarefatta presenza nel Sud, è indiscutibile che c’è un logoramento della leadership di Salvini. Che questo possa portare a un rivolgimento è difficile da prevedere, ma è probabile che dopo le amministrative nel Carroccio si aprirà una riflessione su quale linea e prospettiva politica darsi fino al voto politico, che potrà essere tanto nel 2022, tanto nel 2023.

Nessun problema di linea politica per Fratelli d’Italia che giorno dopo giorno raccoglie i frutti di aver scelto l’opposizione

Sul green pass la linea è nota ed è di decisa contrarietà. Anzi ieri Giorgia Meloni ha ricordato che «la fondazione Hume certifica – in uno studio del ricercatore Mario Menichella – che le terapie domiciliari abbattono drasticamente la mortalità e l’ospedalizzazione da Covid-19», ma «il ministro della Salute ha sempre fatto orecchie da mercante, chiudendo gli occhi di fronte alle evidenze cliniche messe sulla sua scrivania dai medici». Da qui la domanda rivolta al governo se la sua strategia sia quella di «combattere il Covid o continuare a calpestare le libertà e i diritti dei cittadini come nessun altro Stato occidentale si è sognato di fare?».

Ma FdI guarda anche oltre il Covid, annunciando l’avvio di una raccolta di firme per chiedere le dimissioni del ministro Lamorgese. Raccolta che debutterà oggi alla manifestazione di Roma in piazza del Popolo. Un’iniziativa che non potrà non contribuire a mettere sotto pressione la Lega e in particolare Salvini che da settimane ha individuato nel ministro dell’Interno il suo obiettivo preferito, anche se l’endorsement del premier Draghi l’ha di fatto blindata. Per questo l’iniziativa di FdI rischia di aumentare la tensione a destra, rilanciando ancora di più la competizione tra i due partiti per l’egemonia in quello spazio politico.

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