Oggi ricorre il 33° anniversario della morte di Giorgio Almirante. A 16 anni ero nel fronte della gioventù, mi ritrovavo nelle sue idee, nel suo modo di fare politica, facevi tutto gratuitamente, attaccavi manifesti preparati a mano, volantini, ma mi sembra giusto riconoscere che anche quando – e non ero il solo – ascoltavo Berlinguer pur non condividendone le posizioni, avevo l’impressione di avere di fronte uno Statista e portavo molto rispetto anche nei suoi confronti. Altra epoca, altri leader. La vita, il lavoro presero il sopravvento e mi allontanai da ogni realtà politica.
Quando Almirante fu accusato ingiustamente di un delitto infamante, lui stesso votò a favore della richiesta a procedere polemizzando all’indirizzo di Sandro Pertini, presidente della Camera: «non mi turba in alcun modo il fatto che in questi ultimi giorni le procedure siano state accelerate, perché semmai, signor Presidente, mi avrebbe turbato il fatto che fossero state rallentate».
Se fosse stato condannato, anche con 60 gradi di caldo o con un tornado, non ho dubbi che sarebbe sceso in piazza, senza preavviso, un milione di persone ad urlare contro l’ingiustizia. E il MSI era solo intorno al 5%. Io stesso sarei corso a piedi, in ginocchio. A distanza di qualche decennio mi ritrovo nuovamente qua, dalla stessa parte, da Giorgio a Giorgia per portare avanti le stesse idee e il grande amore per l’Italia.
Lino Ricchiuti
Dirigente nazionale e
vice responsabile nazionale
imprese e mondi produttivi
di Fratelli d’Italia
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