«È necessario predisporre e finanziare un piano di formazione almeno triennale degli operatori sanitari e dei clinici, incluse le figure più direttamente coinvolte come neurologi, psichiatri, genetisti, psicologi e nutrizionisti. La Malattia di Huntington per molti è ancora qualcosa di sconosciuto nella medicina di base e questo si ripercuote nell’assistenza ai pazienti e ai loro familiari».
È l’appello lanciato da Barbara D’Alessio, President & CEO della Fondazione Lirh – Lega italiana per la ricerca sulla malattia di Huntington – nell’ambito della presentazione del Libro bianco “Huntington. Da affare di famiglia a questione pubblica”.
L’iniziativa della comunità Huntington, in collaborazione con Osservatorio Malattie Rare, ha il supporto di Roche. In Italia sono registrati 94 centri di diagnosi e cura che trattano la malattia di Huntington, un dato importante che rischia però di rimanere soltanto un numero.
«La comunità internazionale è concorde nel ritenere che tra i criteri per cui un centro di riferimento per l’Huntington sia da considerarsi centro di expertise è necessario che segua un numero di minimo di almeno 20 pazienti l’anno – ha dichiarato Barbara D’Alessio – Non ci aspettiamo, né probabilmente è necessario che i centri di expertise siano tantissimi, la cosa importante è che siano qualificati e accessibili, e l’accessibilità si può favorire incentivando l’uso della telemedicina».
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