Inizia a scricchiolare la maggioranza sul MES. Più si avvicina il Consiglio europeo del 23 aprile che dovrà decidere gli strumenti europei per contrastare la crisi economica, e all’interno dei partiti che compongono la maggioranza sale la tensione. Insomma, accade quello che non ti aspetti. Infatti, se fino ad ora il copione sembrava abbastanza consolidato con il governo e la maggioranza come un sol uomo impegnati a respingere quelle che Conte chiama le ‘fake news’ del duo Meloni-Salvini, adesso la situazione vede i partiti che sostengono l’Esecutivo in difficoltà e divisi.
Al centro sempre il MES sul cui utilizzo sono più i distinguo tra Pd, Italia Viva e M5S che le convergenze. E dire che nella conferenza stampa di venerdì scorso il premier era stato molto chiaro nello spiegare che «l’Italia lo ritiene uno strumento totalmente inadeguato», che non ha sottoscritto alcun prestito, di cui comunque «non ha bisogno». Invece è da giorni, più o meno da quando si è chiusa la conferenza stampa che si ripetono dichiarazioni discordanti.
In realtà alcuni raccontano che una delle ragioni delle divergenze tra i capidelegazione e lo stesso Conte sia proprio il procedere delle trattative in Europa. Dalle parti di largo del Nazareno non sarebbe piaciuta la durezza e la chiusura del premier verso un possibile ricorso al MES soprattutto adesso, viene fatto notare, che le condizionalità sono venute meno. E quindi perché porsi in una posizione di netta chiusura.
Era stato due giorni fa proprio Matteo Renzi a dare fiato a questi dubbi chiedendosi: «Perchè dobbiamo essere contro questo Mes che è senza condizionalità? Grazie a Gualtieri e Gentiloni abbiamo un Mes senza condizionalità. Io se avessi la possibilità di 37 miliardi di euro per la salute li prenderei. Se non li prendiamo noi, li prendono altri». Seguito ieri da Romano Prodi che oltre ad evidenziare che «il fondo europeo non è più condizionato» ed è anche «un prestito, ma talmente a basso interesse per cui: primo lo ripaghiamo a lunghissimo tempo, secondo ci costa un miliardo e mezzo in meno all’anno. Beh insomma… a caval donato, non si guarda in bocca».
Senza contare che anche pezzi da novanta nella maggioranza come il capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marcucci, sono per il MES: «La disponibilità senza vincoli di 36 mld per il nostro sistema sanitario è da accogliere senza dubbi. Non chiamiamoli più MES, perché con il MES originario non hanno più niente di simile».
Ma dal M5S la posizione rimane rigidamente sul no, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che ripete le parole di Conte: «Uso le parole di Conte: il Mes è uno strumento antiquato. Forse è arrivato il momento di un mea culpa europeo perché l’austerity ha provocato tagli sulla spesa pubblica e questo ha indebolito la sanità pubblica». E lo stesso Vito Crimi, il facente funzioni di capo politico, che al termine della conferenza stampa di venerdì scorso del premier aveva ribadito: «No al Mes, sì agli eurobond. Questa è la linea del Movimento 5 Stelle, questa è la linea del Governo appena ribadita dal presidente Giuseppe Conte, al quale va il nostro totale sostegno nell’ambito di difficili trattative a livello europeo, che richiedono il massimo grado di unità e compattezza».
Difficile, quindi, in questo contesto trovare una quadratura nella maggioranza a meno di clamorose retromarce, in particolare nel M5S che per la verità ci ha abituato a grandi manovre come insegna la vicenda della Tav.
Intanto, però anche nel centrodestra si registra qualche distinguo; se Meloni e Salvini continuano sulla strada del «no al MES oggi e domani», ques’ultimo, e «Mes per spese sanitarie è ‘cavallo di Troika’», la leader di FdI, è Silvio Berlusconi ad aprire alla sua adozione spiegando che «sarebbe un errore clamoroso dire all’Europa ‘faremo da soli’ e dover rinunciare ad utilizzare quei 36-37 miliardi che potremmo ottenere senza condizioni per consolidare il nostro sistema sanitario. A un tasso di interesse, tra l’altro, inferiore a quello di mercato». Un’apertura che sa tanto più di tentativo di togliersi dal cono d’ombra sovranista e cercare in questo modo di recuperare quanto meno una certa visibilità e operatività.
Sia come sia, il MES agita gli equilibri dei vari schieramenti e senza dubbio più ci si avvicina alla data del 23 aprile, quando si terrà il Consiglio europeo, e le fibrillazioni aumenteranno. E già tutti pensano a quando Conte la prossima settimana sarà in Parlamento in vista proprio del Consiglio europeo. Un appuntamento che potrebbe cadere nel mezzo della prossima settimana.
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