L’intervista. Ascierto, primo al mondo nella cura del melanoma, fra gli sviluppatori del vaccino anti Covid Dan di Takis e Biotech

Il dottor Paolo Ascierto, primario e direttore del Dipartimento Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Tumori Pascale di Napoli. Membro di prestigiose associazioni scientifiche internazionali e del board editoriale di riviste internazionali.

Ha partecipato come “principal investigator” in più di 100 studi clinici internazionali e ha pubblicato più di 450 lavori scientifici con un impact factor > 4000 e un H-index di 70. Oncologo di fama internazionale, è in prima fila nella battaglia contro il Covid-19, nella fase iniziale della pandemia ha individuato un farmaco il Tocilizumab che è servito a dare una svolta alla guerra contro il coronavirus.

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«Un farmaco che – ci dice – si utilizza contro le complicanze, contro la tempesta citochirica per combattere gli effetti collaterali da immunoterapia (è proprio di questi giorni l’ennesima riconferma che è efficace, ovviamente non per tutti, ma continua a salvare vite ndr).

Ma ha anche contribuito allo sviluppo di un vaccino. «Il Dan ideato da Takis e sviluppato in collaborazione con la Rottapharm Biotech, che da lunedì ha cominciato l’iter sperimentale con un gruppo di volontari che ne hanno ricevuto la prima dose. Alle rilevazioni partecipano: la Fondazione Pascale di Napoli, l’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, l’Ospedale San Gerardo di Monza e l’Università Milano-Bicocca».

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E ieri il professor Ascierto ha inaugurato anche il primo laboratorio virtuale, utile in particolare ai pazienti sottoposti a terapie antineoplastiche. Ha visitato per un controllo una sua paziente molisana  senza farla muovere da casa e senza neanche spostarsi lui da Napoli, bensì utilizzando il sistema della televisita oncologica, realizzato al Pascale. In pratica, attraverso il computer ha ricostruito la storia clinica della paziente, visionando gli ultimi esami effettuati e discutendo con lei il prosieguo del trattamento previsto e prenotandola, poi, per un ricovero successivo all’Istituto.

«Un’esperienza innovativa – ha detto alla fine della visita – utile a restare in contatto con i pazienti, candellando le distanze. Un metodo,quindi, fondamentale in un periodo di pandemia, quale quello che stiamo attraversando».

L’analisi di Expertscape (ideata dai ricercatori della Università della North Carolina che si basa sulla produzione scientifica dei clinici nei vari settori della medicina) gli assegna il primo posto nella classifica mondiale degli esperti nella cura del melanoma, ndr).

Uno scienziato vero, quindi, di cui la nostra regione può andare fiero. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di raccontarsi e farci conoscere anche l’Ascietro privato.

«Sono nato – esordisce – a Solopaca (BN) l’8 novembre 1964, da madre solopaghese e padre sannita doc, nato a Sant’Agata dei Goti. Quando avevo tre mesi, però, mi sono trasferito – o meglio sono stati i miei genitori a trasferirmi – a Campobasso, dove mio padre appuntato dei carabinieri prestava servizio. Nel capoluogo molisano ho compiuto il mio intero percorso scolastico dalle elementari al Liceo, e vi ho avuto residenza fino al ‘94, tant’è che nel ‘90, mi sono iscritto all’ordine dei medici di Campobasso ed ho iniziato la mia attività facendo guardie mediche anche a Campomarino, una stupenda località turistica sull’Adriatico molisano. In pratica, infanzia e adolescenza le ho trascorse interamente nel Sannio, fra Benevento e Campobasso».

Quando è ritornato in Campania

«Sono venuto a Napoli nel 1983 quando mi sono iscritto all’Università e mi sono laureato in Medicina e Chirurgia nel luglio 1990 e specializzato in Oncologia nel luglio 1994. Una curiosità, inizialmente mi sono iscritto a Ingegneria chimica, ma ho cambiato dopo appena un mese, iscrivendomi a medicina. Mi sono laureato nel 1990 e nel ‘91 sono entrato in una scuola di speciliazzazione in oncologia, ma già dall’88 ho frequentato la cattedra di oncologia del professor Bianco e nel corso della specializzazione nel ‘91 sono approdato al Pascale, dove poi sono rimasto fino ad adesso».

Se la matematica non è un’opinione, quindi, sono trent’anni che è accasato al Pascale

«Già sono 30 anni che opero al Pascale. Lì, accolto dal prof. Zarrillo, prima, e dal prof. Comella, dopo, ho cominciato la mia carriera nel reparto medicina. Poi il 28 ottobre del ‘93, ho vinto il concorso in immulogia clinica, dove sono rimasto per 25 anni, fino al primo aprile del 2008, quando, cioè, è stata istituita l’unità del Melanoma di cui adesso sono primario e Direttore del Dipartimento. Ho fatto il militare dal ‘92 al ‘93, presso l’Accademia aeronautica di Pozzuoli ed è stato proprio durante questo periodo che ho vinto il concorso al Pascale, dov’ero già stato nel ‘91, ma come frequentatore borsista e per la specializzazione».

Da quando ha cominciato a occuparsi di ricerca?

«Praticamente da sempre. Da quando sono entrato al Pascale sono stato sempre coinvolto nella ricerca. Soprattutto quella correlata all’immunologia contro i tumori che rappresenta il filone che ho coltivato ed è da lì che è cominciato la mia esperienza nella cura del melanoma che ho trattato dalla prevenzione fino alla macchia metastatica. Nell’ambito della ricerca, mi sono sempre intressato di: genetica e proteomica del melanoma, valutazione di nuovi marcatori molecolari per la progressione tumorale; il monitoraggio biochimico e immunologico dei pazienti neoplastici; il trattamento con immunoterapia e le strategie di combinazione nei tumori solidi. Infine, nel corso degli anni ha partecipato allo sviluppo di farmaci importanti, soprattutto in immunoterapia che, poi, sono quelli che oggi, danno un contributo importante, non solo per il melanoma, ma per la cura dei tumori, in generale».

Quando, secondo lei, usciremo dal Covid-19?

«Già, ma cominciamo a vedere qualche luce in fondo al tunnel, perché abbiamo dei vaccini e questo è un grosso risultato, perché ad appena un anno dall’inzio della pandemia abbiamo non uno, ma ben quattro vaccini. Personalmente mai avrei pensato di poter fare la prima dose il 31 dicembre. Il che è merito della ricerca scientifica che ha dato il massimo, ma anche della cooperazione internazionale fra aziende farmaceutiche, governi e agenzie regolatorie. Ma siamo ancora all’inizio, dobbiamo vaccinarci tutti, essere responsabili e fare attenzione».

«Il problema vero – continua -, però, è che in fatto di vaccinazioni c’è un’esigenza mondiale di vaccinare tutti e, quindi, servono tantissime dosi che al momento non ci sono e bisogna produrre. Il che non sarà proprio velocissima. Per cui, dobbiamo fare attenzione e non far circolare il virus anche per evitare che si creino delle varianti, che possano sfuggire ad alcuni vaccini. Al momento il problema è che siamo all’inizio di una possibile terza ondata, perché il virus circola e a maggior ragione c’è bisogno di più attenzione da parte di tutti. Detto questo se tutto va bene e riusciremo a vaccinarci tutti per l’estate, per la fine dell’anno potremo vedere più d’una luce in fondo al tunnel. Anche perché, bisogna dire che ci sono anche altri farmaci che possono dare una mano: gli anticopri monoclonali e per le forme più gravi il tocilizumab tanto bistrattato, ma che ha dato risultati importanti».

La vita privata?

«Sposato con Maria Teresa Melucci, originaria di Roccamonfina, che ora è diventato il mio Paese adottivo, perché come spesso capita quando ti sposi abbandoni le tue origini per scegliere quelle di tua moglie. Anche lei è medico, è chirurgo senologo e lavora anche lei al Pascale. Ho due figli: Marco – che frequenta il secondo anno di medicina, decisione assunta in perfetta autonomia perché gli piace fare il medico e soprattutto il chirurgo – e Luca, ultimo anno di liceo scientifico ed anche lui ha detto di voler fare il medico. Probabilmente con due genitori medici, sono un po’ improntati, Luca vuol specializzarsi in malattie infettive, non chiedetemi il perché. Anche lui ha deciso senza interferenze».

Quali passioni ha il dottor Paolo Ascierto oltre la ricerca e il lavoro?

«Sono un appasionato di calcio. Una passione che mi ha trasmesso mio padre, grande tifoso dell’Inter, io ero molto piccolo quando lui si esaltava a vedere le partite dell’Inter di Herrera, di Jair, Boninsegna, Corso e Mazzola. Io, invece, sono tifoso della Juve, una scelta che nasce in maniera strana e un tantinello particolare, per un episodio che può colpire solo un bambino. Come ho detto prima, io sono cresciuto a Campobasso e lì non c’era una squadra di serie A. Ricordo una partita Catanzaro-Juventus che i bianconeri persero negli ultimi minuti con un gol di Mammì, il quale, dopo aver segnato, per festeggiare fece un mezzo giro di campo. Non l’avesse mai fatto, quel giro di campo m’infastidì, pensai volesse infierire, contro gli avversari e da quel momento per solidarietà con gli sconfitti sono diventato un tifoso della Juve che, tra l’altro, alla fine vinse il campionato. Poi i fumetti, sono cresciuto con Zagor. E forse in un’altra vita sono nato senese, perché amo Siena e i miei due figli, sono stati battezzati proprio nel capoluogo toscano, nella contrada della Tortuga. Che, guarda caso. ha i colori gialloblu. Come il Pascale».

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