Super Sud, un tuffo nella storia: il giornalismo di Napoli s’afferma in campo cultural-letterario

di Mimmo Della Corte

Quando il trono tornò ai Borbone nel 1734 e Carlo III salì sul trono, il privilegio di stampare la gazzetta napoletana era nelle mani di Francesco Ricciardi: prerogativa che costui riuscì a mantenere, a dispetto delle sue simpatie filoaustriache, anche con il nuovo sovrano. La gazzetta usciva il martedì mentre il venerdì veniva pubblicato un foglio straordinario di notizie, tutte però provenienti dall’estero. Poi, a metà degli anni ’50, a contendersi il privilegio furono da una parte Vincenzo Flauto e dall’altra Matteo e Vincenzo Vocola che già pubblicavano un “Diario di notizie piacevoli ed utili al pubblico” di stampo, prettamente commerciale: insomma una sorta di pubblicazione antesignana dell’odierno “bric à brac”.

A conquistare il diritto a pubblicare la gazzetta napoletana, ad ogni modo, fu Flauto che lo mantenne fino al 1778, anno in cui il privilegio fu acquisito da Mazzola Vocola e Antonio Settembrini. I nuovi “privilegiati”, però, non ne migliorarono il livello di indipendenza e di attendibilità. Anzi. Il governo del Regno, infatti, continuava ad utilizzarlo per diffondere comunicati stampa e propaganda politica. Il giornale cambiò nome nel 1786, cioè due anni dopo l’assunzione della responsabilità da parte di Giuseppe Campo: e, sull’esempio di quello fiorentino dell’epoca, si trasformò in “Notizie del Mondo”.

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Non contento, il 15 ottobre del 1784, il Campo lanciò un nuovo quindicinale che presto si trasformò in settimanale e, dal momento che riguardava soltanto fatti locali, fu battezzato “Gazzetta civica napoletana”. Napoli, però, evidentemente stava stretta al Campo che pensò bene di acquisire e pubblicare per 10 anni vendita e ristampa delle gazzette di Firenze, Foligno e Leyden. Non ancora soddisfatto, nel 1785, dopo aver nuovamente cambiato il nome al proprio foglio in “Novelle politiche del tempo”, cominciò a tradurre la gazzetta olandese.

Iniziativa, però, che non ebbe vita lunga. Fu, infatti, sospesa in luglio e rilanciata, subito dopo, in lingua originale, seppure a prezzo dimezzato. Infine, nel 1786, lanciò una ristampa della “Gazzetta Universale” di Firenze che ebbe a Napoli un discreto successo.

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Ciò che più interessava al Campo, però, era la vendita dei giornali stranieri: perciò mantenere il privilegio rappresentava per lui solo un modo come un altro per controllare il mercato. Tant’è che il costo annuo dell’appalto, che intanto era arrivato fino a 700 ducati, nel 1788 fu ridotto a 400: ma, ritenendolo ancora troppo elevato, il “gazzettiere” offrì per gli anni successivi soltanto 120 ducati.

Napoli assurge a Capitale di un grande Stato europeo e il giornalismo delle due Sicilie si afferma

Intanto, anche grazie al sostegno e al contributo di Carlo III, il giornalismo a Napoli, come nel resto delle Due Sicilie, cominciò a crescere e ad affermarsi anche nel campo cultural-letterario: ciò nel momento in cui Napoli cominciava ad assurgere a quel ruolo di grande capitale di uno dei principali e più rilevanti Stati europei, che da quel momento sarebbe stato suo per oltre un secolo.

Antonio Genovesi
Antonio Genovesi

Questo almeno fino al 1861, quando l’unificazione avrebbe trasformato la città (come sostenuto anche dal ministro delle Finanze, Giulio Tremonti qualche anno addietro) “da Capitale a Prefettura”. In ogni caso vi fu un rinnovamento qualitativo e quantitativo dell’informazione che fu reso possibile, da un lato dal moltiplicarsi su tutto il territorio meridionale di riviste e periodici di grande spessore culturale e dall’altro dall’apporto che a queste pubblicazioni offrirono nomi come quelli di Gianbattista Vico, Pietro Giannone, Antonio Genovesi che mentre, però, ne facevano crescere lo spessore culturale, d’altro canto ne impedivano la crescita diffusionale negli ambienti popolari.

Questi ultimi ovviamente più interessati ad argomenti poco impegnati, più sobri e leggeri, che non ad un’informazione, come scriveva il Cortese, «troppo imbevuta di filosofia, di diritto e di economia perché potesse dar materia a giornali destinati ad un pubblico più vario e quindi più superficiale». Ciò, forse, anche in conseguenza del fatto che il giornalismo a Napoli, in questo frangente, sembrava avere come principale punto di riferimento Antonio Genovesi, titolare della prima cattedra universitaria di economia del mondo, istituita pressi l’Università di Napoli.

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