«Un abisso», no «un confronto costruttivo». Renzi e il governo litigano anche sugli esiti dell’incontro sul Recovery Plan

di Dario Caselli

Da un lato «l’abisso»; dall’altro «confronto costruttivo». Si può sintetizzare così l’incontro di ieri tra renziani e governo sul Recovery Plan. Una sorta di alfa e omega lungo la quale passa il futuro del governo e chiaramente la crisi stessa. Il 2020 si porterà con sé la risposta che soltanto il 2021, e precisamente la metà di gennaio, potrà svelare. Per il momento a dividere i renziani e il governo non sono soltanto i progetti e le prospettive del Recovery Plan ma addirittura la stessa interpretazione da dare all’incontro.

Per la cronaca l’incontro è durato ben tre ore, il che sta comunque a confermare che il confronto è stato senza dubbio franco e circostanziato. Raccontano le solite fonti che su ogni punto i ministri Gualtieri e Amendola hanno dovuto assistere alle precise e circostanziate valutazioni della delegazione di Italia Viva. Ma se il governo ha dato la sua interpretazione dell’incontro, spiegando appunto che il confronto «è stato costruttivo» e che ci sono anche «punti di convergenza», sul fronte renziano si dà un’altra valutazione.

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«Sui contenuti non ci siamo, ci separa un abisso: abbiamo mandato 30 pagine, loro una bozza di Recovery plan modificata dopo la conferenza stampa di Renzi e arrivata ieri notte». E questo perché dal quartier generale di Italia Viva si continua a precisare che «quello che poteva essere fatto già dal 22 luglio, quando abbiamo chiesto di iniziare a discutere il Recovery plan, lo stiamo facendo adesso, e di corsa purtroppo. Ci separa un abisso nel metodo e sui contenuti: non saremo complici di un piano senza ambizione per il futuro del paese».

In particolare, si insiste su «Mes, infrastrutture, giustizia, Pubblica amministrazione, 5G, no alla fondazione cybersecurity che, tolta dalla manovra, rispunta nascosta nel Recovery». Come detto il 2020 insieme alle tante cose non piacevoli di questo anno si porterà vià anche l’esito di questo incontro. Adesso spetterà al 2021 farci sapere come andrà e se davvero questo sarà il governo che arriverà fino alla conclusione della Legislatura, come ha tenuto a precisare il premier Conte nella conferenza stampa di fine anno; oppure a metà gennaio, come in molti preconizzano, ci sarà la crisi del Conte Bis e l’avvio di un nuovo governo.

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Matteo Renzi
Matteo Renzi

Matteo Renzi nel suo intervento in Aula sulla legge di Bilancio, che alla fine è stata approvata con la fiducia e 154 voti a favore, ha spiegato che «una legislatura sta in piedi come una bicicletta: l’equilibrio si trova se si muove. L’immobilismo è ciò che fa terminare la legislatura» e che soprattutto «la palla è nel campo del presidente del Consiglio. Vogliono farci passare per irresponsabili ma la nostra posizione è chiara e cristallina. Ora aspettiamo di capire se dalle parole si passi ai fatti».

Conte: «Se verrà meno la fiducia di una forza di maggioranza ci sarà un passaggio parlamentare»

I fatti potrebbero essere la convocazione del tavolo politico, ai primi di gennaio, dove andranno risolte le distanze che si sono registrate tra le varie forze politiche sul Recovery Plan. Per il momento ci sono le parole, tante quelle del premier Conte che sempre ieri per quasi tre ore è stato protagonista della conferenza stampa di fine anno a villa Madama. E lì ha chiarito che nel caso di crisi «se verrà meno la fiducia di una forza di maggioranza ci sarà un passaggio parlamentare dove tutti esprimeranno la propria opinione e si assumeranno la propria responsabilità».

Giuseppe Conte

Insomma, per Conte la tattica è di replicare quella strategia che nella scorsa crisi gli consentì di passare indenne l’addio di Salvini e della Lega alla maggioranza. Ci riuscirà anche stavolta? Anche in questo caso sarà il 2021 a darci la risposta, quello che è certo è che lo scenario è mutato non solo perché Renzi non è Salvini, ma anche perché se allora c’era un’alternativa politica al governo Lega-M5S, adesso non c’è.

L’ipotesi di cui si parla comunque con insistenza, e cioè di rimpiazzare Italia Viva in uscita con un gruppo di responsabili alla fine rischia di non stare in piedi. Lo dimostra il passato, cosa accadde al governo Berlusconi IV quando dalla maggioranza uscì Fini per essere rimpiazzato dagli Scilipoti boys: perse la sua anima e finì nei fatti di governare. Sì continuò ad andare avanti ma ormai era venuto meno quel ‘sacro fuoco’ che è alla base di una maggioranza politica. Insomma, la fiducia del Parlamento non è soltanto un fatto tecnico e numerico ma qualcosa che va ben oltre. E’ quell’atmosfera che circonda un governo, e che nessuno saprà spiegare mai a parole.

Sarà Conte e il tavolo politico dei primi di gennaio a far capire se questo governo ha ancora quel ‘sacro fuoco’ o se si è spento, ammesso sempre che ce l’abbia mai avuto. E gli scenari che si parano dinanzi, secondo Renzi, non rispondono alle elezioni ma piuttosto a un possibile Conte Ter, con quel rimpasto che ormai tutti chiedono e che passerebbe per la formula di 2 vicepremier e la cessione della delega sui servizi segreti. Oltre a un accordo blindato sull’attivazione del Mes.

Oppure, e questa è l’ipotesi secondo i renziani qualora Conte si arroccasse nella difesa dell’attuale governo e soprattutto nella delega sull’intelligence, un governo con una personalità del M5S (Di Maio?) o del Pd (Guerini) o addirittura terza (Draghi) su cui potrebbe convergere anche qualcuno dall’opposizione di centrodestra. Una maggioranza più ampia e vasta che poi corrisponderebbe a quella che eleggerebbe il nuovo presidente della Repubblica.

Giorgia Meloni propone mozione di sfiducia al governo Conte

Giorgia Meloni sui Navigator
Giorgia Meloni

Ecco, come ripetono i renziani e come ha detto lo stesso Renzi, la palla adesso è nel campo di Conte così come il futuro di questa Legislatura. In questo complesso mosaico di possibilità c’è però anche chi come Fratelli d’Italia fa la sua mossa e non attende gli altri, quella di sfiduciare subito Conte; e questo perché, come spiega Giorgia Meloni, «così vedremo, ancora una volta, chi vuole mantenere in vita l’attuale Esecutivo (o al massimo puntare a un rimpastino), con tutti i gravissimi danni che sta arrecando agli italiani e chi invece vuole mandarlo veramente a casa».

La Lega si sfila: «Finirebbe per rafforzare Conte»

Peccato però che dalla Lega non abbiamo voluto cogliere l’occasione, come dice Ignazio La Russa, di «far finire il teatrino tutto interno alla maggioranza tra rimpasto e finte minacce di elezioni mentre in realtà litigano per posti e bottino». Infatti, la tesi leghista, secondo la quale «in questo momento, l’unico che sarebbe beneficiato da una mozione di sfiducia è proprio Conte» sa più di rifiuto perché non è stata la Lega ad avere la primogenitura di questa mozione. Non sarebbe la prima volta che dal Carroccio si ragiona secondo logiche di ripicca e rivalsa anziché politiche.

Comunque, ancora qualche giorno e poi si saprà qual è la distanza che separa l’abisso renziano dal confronto costruttivo. Per il momento godiamoci questo 2020 che se ne va via, senza troppi rimpianti, e attendiamo fiduciosi questo 2021. E forse sarà davvero il caso di augurarsi che stavolta, andrà tutto bene.

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