Tutto gli occhi sono rivolti a mercoledì, quando il governo si presenterà in Parlamento per chiedere il via libera al premier Conte per dire sì alla riforma del Mes nel Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre. Quello sarà il momento per capire se le spaccature all’interno del M5S saranno tali da mettere il governo alle corde e far gettare la spugna al premier Giuseppe Conte.
Il livello di allerta è altissimo. E basta dare uno sguardo ai giornali per capire che la minaccia è seria. Il Quirinale si è mosso e si sta muovendo pesantemente, andando ben oltre la moral suasion.
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Sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione per rendere inoffensiva la fronda nel M5S ed evitare che il governo si trovi mercoledì senza numeri. E per prima cosa ha sgombrato subito il campo da equivoci: se il governo Conte bis il 9 dicembre non dovesse avere la maggioranza in uno dei due rami del Parlamento si va dritti al voto. Nessuna nuova maggioranza, niente spazio per ulteriori governi l’unica strada è quella delle elezioni all’inizio del 2021.
Mercoledì se il governo non ha la maggioranza si apre la crisi e si va alle elezioni. Parola di Quirinale
Della serie: uomo avvisato mezzo salvato. Questo significa nessun governo di unità nazionale o nuove maggioranze, Mattarella non ha intenzione di intraprendere un percorso come quello che fatto quando cadde il Conte 1 e che poi portò all’accordo politico tra Pd e M5S e alla nascita del Conte bis. E la sensazione che non ci siano spiragli per ulteriori governi e maggioranze e sembra essere molto chiara anche tra gli stessi parlamentari. Perciò, votare ‘no’ significa mandare a casa Conte, il governo e tutto il Parlamento.
Di Maio: «Non mettete Conte su patibolo»
Un concetto che è stato ribadito chiaramente nella riunione dei parlamentari Cinquestelle di ieri sera, dove Luigi Di Maio ha spiegato: «L’Italia ha bisogno di stabilità. Noi dobbiamo dargliela. Non potete portare Conte sul patibolo. Chi non voterà quella risoluzione, voterà contro il Presidente del Consiglio dei Ministri e il suo governo che viene in aula a chiedere la fiducia del Parlamento per andare in Europa anche a trattare lo sblocco dei fondi del Recovery fund. Lo trovo francamente folle e irresponsabile».
Parole ribadite anche da Vito Crimi il quale rivolgendosi ai frondisti del M5S ha assicurato che «all’uso del Mes non diremo mai di sì. Il Mes non ci piace, non è mai piaciuto, è uno strumento per noi consegnato ormai alla storia, pensato in un periodo molto diverso spazzato via della pandemia. È uno strumento che però può essere attivato solo con il voto del Parlamento. E in questo Parlamento i numeri non ci sono e non ci saranno».
Bonafede: «Irresponsabili mettere in difficoltà il governo»
Dure anche le parole di Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia e capo delegazione del M5S nel governo: «Rispetto l’opinione contenuta nella lettera ma il confronto, anche acceso, si svolga all’interno dell’assemblea per trovare una sintesi. In un momento come questo, con la pandemia in corso e i sacrifici che milioni di italiani stanno facendo, è da irresponsabili pensare di mettere in difficoltà il governo. Non ce lo perdonerebbero mai. Dobbiamo essere compatti e difendere e sostenere il lavoro che sta portando avanti il presidente del Consiglio».
Dal canto loro i frondisti, circa una cinquantina tra deputati e senatori sottoscrittori di una lettera ai vertici del M5S per chiedere di ribadire il no al Mes, rimangono sulle loro posizioni. Nell’occhio del ciclone soprattutto il metodo usato dal reggente Crimi, colpevole di aver dato il via libera al ministro Gualtieri lunedì scorso sulla riforma del Mes, senza aver concordato nulla con il Movimento.
A sua volta i frondisti per votare la risoluzione di mercoledì chiedono che esplicitamente in questa si faccia cenno al fatto che l’Italia non ricorrerà al Mes. Un punto questo molto delicato visto che sia il Pd e sia Italia Viva sono a favore del ricorso al Mes e non voterebbero mai una risoluzione che contenesse una tale indicazione.
Una situazione, perciò, molto ingarbugliata dalla quale risulta difficile uscirne senza farsi male. Fino a mercoledì però c’è tempo per convincere i frondisti almeno ad evitare il voto contrario e optare per l’astensione. Di certo il rischio della fine della legislatura e del ritorno al voto, e soprattutto con un M5S dato tra il 10 e il 15 per cento, dovrebbe essere un’ottimo ragione per far rientrare il dissenso.
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