Elezioni USA, troppi brogli elettorali. Gli Stati Uniti fanno peggio del Regno di Sardegna?

di Nuccio Carrara*

Sembra proprio che non possa esistere una democrazia senza brogli elettorali. Se poi si guarda a quella degli USA, la più grande democrazia del mondo, quella da esportazione, quella che non tollera i brogli (veri o presunti) delle democrazie non gradite, il panorama appare sconfortante soprattutto in queste ultime elezioni presidenziali.

In Italia non dovremmo stupirci più di tanto, soprattutto se si volge lo sguardo un po’ indietro nella nostra storia patria. Già con i plebisciti che sancirono l’annessione degli Stati preunitari al Regno di Sardegna è stato un tripudio di brogli “patriottici” per dimostrare che l’Unità d’Italia era il sogno di tutti gli italiani. A tal proposito riesce particolarmente istruttivo l’opuscolo di Filippo Curletti, Rivelazioni di J. A. Antico agente secreto del conte Cavour, che descrive come, dietro i suoi ordini di Capo della polizia, si procedeva a manipolare le urne nelle province emiliane, badando bene di «salvare le apparenze, almeno in faccia all’estero».

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Nell’ex Regno delle Due Sicilie si trascurarono persino le apparenze e si procedette all’annessione con i metodi spicci di mafia e camorra al servizio delle truppe di occupazione piemontesi. La traccia letteraria di insuperabile bellezza rimane nello sfogo di don Ciccio Tumeo nel Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: «Io, Eccellenza, avevo votato ‘no’. ‘No’, cento volte ‘no’… e quei porci in Municipio s’inghiottono la mia opinione, la masticano e poi la cacano via trasformata come vogliono loro. Io ho detto nero e loro mi fanno dire bianco!».

Per quanto riguarda la nascita della nostra Repubblica, non si sa ancora quanti don Ciccio Tumeo siano stati beffati nel referendum del 1946.

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Ma stiamo parlando di tempi andati, in cui non era stato ancora introdotto il voto per posta e non esistevano neppure i computer, il web e gli algoritmi, che sicuramente avrebbero facilitato le operazioni di broglio.

Adesso dagli Stati Uniti ci arriva una lezione di democrazia che stavolta sarebbe meglio non esportare, visto che il sistema elettorale fa acqua da tutte le parti. Dopo giorni e giorni dalla data del voto per le presidenziali, ancora non si sono concluse le operazioni di scrutinio, anzi, in alcuni Stati sono pure bloccate. Biden è stato proclamato eletto dai mass media prima dei risultati definitivi, mentre fioccano accuse di frode da parte di Trump che hanno già fatto scattare migliaia di ricorsi.

L’indice accusatorio è innanzitutto puntato sul voto per posta che, per sua natura, meglio si presta ad essere manipolato.

Anche in Italia, già con la sua introduzione nel 2006 solo per i cittadini residenti all’estero, si è parlato, non a torto, di brogli elettorali dovuti alla violazione della segretezza del voto, garantita, talora inutilmente, dall’articolo 48 della nostra Costituzione. Non pochi scrutatori hanno evidenziato irregolarità e dubbi, che però non hanno potuto cambiare l’esito elettorale.

Come da noi, anche negli Stati Uniti i precedenti non mancano, ma non hanno ancora insegnato nulla.

In queste ultime elezioni presidenziali non può passare inosservato che dopo l’arrivo dei voti per posta i flussi elettorali si siano rivelati del tutto in controtendenza rispetto a quelli delle votazioni presso i seggi, ribaltando il risultato dalla sera alla mattina. Addirittura, in alcuni Stati i voti postali sono stati attribuiti quasi interamente a Biden.

Sicuramente Trump aveva ragione di temere l’esito del voto postale fin dal mese di agosto, incontrando l’accesa contrarietà dei democratici e di qualche repubblicano che non voleva perdere il voto degli anziani ritenuti in larga parte vicini al suo partito.

Ma c’è di più. Per l’occasione, migliaia di morti sono resuscitati gratificando Biden di un largo consenso d’oltretomba. Solo in Michigan si sono contati circa 14.000 rientri dal Regno degl’Inferi.

Anche i non residenti, senza diritto al voto, hanno fatto la loro parte: è successo in Nevada dove sono stati “ospitati” 39.000 elettori di altri Stati. Proprio come nelle primarie del Pd di casa nostra, non sono mancati i voti duplicati e quelli espressi da elettori senza certificazione.

Il meglio, tuttavia, lo hanno espresso i computer: la tecnologia è sempre avanti anche in questi casi. Per un errore dei software una percentuale di voti veniva trasferita automaticamente da Trump a Biden, ma stavolta l’errore è stato scoperto e si è provveduto ad eliminarlo. Lo hanno definito fatal error. Tutto è possibile Quando ci si mette di mezzo il fato sinistro e baro.

Fin qui i brogli, che probabilmente andranno al vaglio dei magistrati americani, ma ci sono, e non pochi, anche i difetti di sistema che fanno degli Usa un modello da non imitare. Ogni Stato ha un propria legge elettorale che non vale solo per le elezioni interne, come avviene nelle nostre Regioni, ma si applica anche alle elezioni presidenziali che richiederebbero una uniformità in tutto il territorio dell’Unione. Addirittura, mentre in alcuni Stati ancora si vota, in altri comincia lo spoglio delle schede, con relativi exit poll che possono indurre molti elettori a non andare a votare se il risultato finale può sembrare ormai scontato.

In questo quadro poco confortante affiorano alla mente le dichiarazioni improvvide di Nancy Pelosi, la speaker della Camera, che nel mese di ottobre, in una conferenza stampa, si è lasciata sfuggire parole inequivocabili: «Sono molto sicura che Joe Biden verrà eletto presidente… Qualsiasi sia il conteggio finale dei voti di martedì, sarà eletto. Il 20 gennaio si insedierà come presidente degli Stati Uniti». Parole profetiche? Parole che lasciano di stucco, ma che non hanno suscitato l’indignazione dei giornalisti presenti che hanno preferito non fare domande.

Prima delle elezioni, Biden, noto gaffeur, annunciò che i democratici stavano organizzando «la più grande frode elettorale della storia». Avrebbe voluto dire la più grande sorpresa. “Voce dal sen fuggita…” direbbe il Metastasio. Ma se si vuole essere più “scientifici”, perché non pensare ad una emersione del subconscio? Potrebbe essere utile consultare Freud, il padre della psicanalisi, magari analizzando il caso partendo dal soprannome appioppato a Biden: Sleepy Joe (Joe l’addormentato). Il sonno a volte gioca brutti scherzi.

In attesa che venga detta l’ultima parola sui brogli elettorali americani, possiamo prendere atto, quasi con un certo sollievo, che quelli dell’agente segreto di Cavour sembrano piccoli broglietti da educande, anche se hanno cambiato il corso della storia.

Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali

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