Lecce, scommesse e gaming: sequestrati beni per 3,5 milioni di euro

di Redazione

Militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Lecce, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia locale, hanno eseguito una vasta operazione antimafia nel Salento. L’operazione ‘HYDRA’ ha portato all’esecuzione di un provvedimento di confisca di prevenzione di un patrimonio dal valore di oltre 3,5 milioni di euro riconducibile a 3 fratelli di Racale (in provincia di Lecce), ritenuti dagli inquirenti contigui ai clan della Sacra Corona Unita.

Il provvedimento rappresenta l’epilogo delle indagini condotte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Lecce che mette la parola fine ad un lungo iter giudiziario iniziato con un provvedimento di sequestro poi impugnato dagli indagati con la conseguente temporanea restituzione dei beni.

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Dalle indagini è emerso la riconducibilità alla compagine salentina di una società a responsabilità limitata di Melissano (Lecce), leader nel settore del gaming e delle scommesse che, al fine di “schermare” i proventi derivanti dal loro lucroso business del gioco d’azzardo, aveva appositamente costituito una nuova impresa solo formalmente intestata ai dipendenti di un’altra azienda “di famiglia” già, per altro, colpita da una misura interdittiva antimafia della Prefettura di Lecce.

Secondo gli inquirenti le investigazioni «hanno, infatti, dimostrato la totale gestione delle attività imprenditoriali da parte del gruppo criminale “racalino” che ha provato a sviare le indagini, mascherandosi dietro alcuni prestanome, per continuare ad imporre la propria leadership nella gestione del gioco d’azzardo, massimizzando i profitti anche grazie al ricorso alla manipolazione fraudolenta e successiva distribuzione di apparecchi elettronici in grado di frodare non solo i giocatori ma anche il fisco, al quale sono stati sottratti centinaia di migliaia di euro di introiti fiscali, il cosiddetto PREU (prelievo erariale unico e tassazione sulle vincite)».

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I giudici leccesi, nel provvedimento, hanno precisato come le prove raccolte dagli investigatori siano state sufficienti a dimostrare il reimpiego nella società salentina, oggi confiscata, dei proventi illeciti ottenuti da precedenti gestioni, anch’esse finite nel mirino degli investigatori, in quanto sospettate di essere il frutto di un accordo mafioso tra imprenditori e appartenenti alla Sacra Corona Unita, in grado di garantire protezione e “penetrazione” commerciale in tutti territori gestiti dai clan, in cambio di spartizione di guadagni, assunzioni e “regalie” ai mafiosi, come ad esempio un prezioso anello in occasione delle nozze di una donna appartenente a una delle famiglie di spicco della S.C.U. gallipolina, ma anche auto e cure mediche agli altri componenti, o denaro nel momento della scarcerazione, quando maggiormente questi ne avevano bisogno, pagamento di avvocati, e altro.

«Non sono mancate, inoltre, elargizioni a “fondo perduto” per finanziare iniziative imprenditoriali delle famiglie mafiose salentine, tra cui anche l’acquisto di strutture ricettive nella zona di Gallipoli (Lecce), in cui la Sacra Corona Unita ha deciso di riciclare i proventi delle proprie attività delittuose» si spiega nella nota.

«La costituzione della nuova società, oggi confiscata – sottolineano i giudici leccesi – sarebbe avvenuta attraverso una macchinosa cessione di quote, fraudolentemente studiata a tavolino, tra i reali proprietari ed il loro prestanome, ad un prezzo talmente “vantaggioso” da essere “palesemente incongruo”, con un lunghissimo pagamento rateale, senza alcuna liquidità iniziale, secondo modalità “fuori mercato”, che non potevano avere altro fine se non quello di mascherare una cessione strumentale a nascondere i patrimoni agli eventuali accertamenti patrimoniali da parte degli organi investigativi, invece puntualmente arrivati».

Il Tribunale di Lecce, considerata la sproporzione tra i redditi del titolare della società – come detto mero prestanome – ed il valore della stessa, e tenuto conto che, in realtà, questa altro non era che una ditta “pulita” creata ad hoc proprio per consentire la prosecuzione delle attività illecite del gruppo criminale salentino colpito da misure interdittive e di prevenzione antimafia, ha disposto il sequestro e la confisca di tutte le quote societarie nonché dell’intero compendio aziendale, costituito, tra l’altro, da oltre 1500 slot machine dislocate nel centro e sud Italia, 3 conti correnti e 22 automezzi, oltre che denaro contante rinvenuto dai finanzieri per circa 384 mila euro.

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