Referendum sui deputati? Non conta il numero, ma che cosa rappresentano

di Marina Carrese

Cambierà qualcosa dopo il referendum del 20-21 settembre sul taglio di 345 parlamentari?

Certo, qualche centinaio di politicanti dovrà rinunciare a stipendi di 15-16 mila euro, rimborsi compresi, tra i più alti d’Europa. Ma non cambierà il tipo di rappresentanza, cioè la qualità della rappresentanza politica.

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In che senso? Troppi o pochi, i deputati e i senatori che cosa rappresentano in Italia? «Ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione» ed «esercita la sua funzione senza vincoli di mandato» (articolo 67 della Costituzione).

Diversamente da quello che il senso comune porterebbe a pensare, il deputato ed il senatore non debbono rappresentare il loro collegio elettorale (cioè un territorio) e, meno che mai, gli interessi legittimi di categorie, ordini professionali, associazioni di lavoro. Anzi, se ricevessero l’incarico di rappresentarle da parte di famiglie, municipi, regioni e province (intese come comunità di Storia e cultura, non come enti burocratici), sarebbero fuorilegge, perché il mandato imperativo, cioè vincolato, è vietato.

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Astrazioni ideologiche. La “Nazione” in senso moderno è un’idea nata dalla rivoluzione francese e dal giacobinismo, una realtà ideologica, alla quale si aderisce con un atto di volontà. I giacobini assegnavano e revocavano la cittadinanza francese tanto ai citoyens rivoluzionari quanto agli stranieri che condividevano la loro ideologia. La Nazione tradizionale è tutt’altra cosa. È un patrimonio di cultura e di tradizioni, al quale si appartiene per nascita e per eredità. Non ci si inventa Napoletani, Spagnoli o Portoghesi.

La Nazione in senso tradizionale – lo spiega Charles Maurras – sono le famiglie, i Municipi, le Parrocchie, le Corporazioni. Quello che il fondatore dell’Action Française chiama il Paese reale, definizione che è entrata nella politologia. Ed è il Paese reale che dovrebbe essere rappresentato davanti al Governo.

Rappresentato come? Con un rapporto fiduciario tra rappresentanti e rappresentati, un rapporto di diritto privato, come quello che si stabilisce con l’avvocato o con il proprio medico.

«Per secoli l’immensa macchina della teoria giuridica occidentale – ha scritto Gianfranco Miglio nella sua introduzione all’edizione italiana di “Le categorie del politico” di Carl Schmitt – attraverso i concetti di “contratto” e di “rappresentanza” ha lavorato per ridurre il rapporto politico a rapporto giuridico. Il fallimento di questo ostinato eroico tentativo è sotto gli occhi di tutti».

Nelle regioni della Spagna amministrata dai carlisti, tradizionalisti ed anti-liberali – Navarra, Paesi Baschi, parte della Catalogna – a metà dell’ ‘800, lo stipendio ai deputati alle Cortes, il parlamento di Madrid, veniva pagato dai rappresentati che li sceglievano. Ogni due anni, i deputati tornavano nelle regioni di origine e venivano sottoposti al “juicio de residencia“, per valutare se avessero ben rappresentato gli interessi legittimi di territori, famiglie, e categorie. Concretezza, non astrazioni ideologiche. In caso contrario potevano essere multati ed il rapporto fiduciario, ripetiamo, a base personale, non trasformato in una fictio giuridica alla stregua del “mandato elettorale“, veniva meno.

Il prof. Miguel Ayuso, docente di Scienza politica all’Università Comillas di Madrid, ha spiegato, in una intervista a Lettera Napoletana, la differenza tra la rappresentanza a base ideologica delle democrazie liberali, eredi della rivoluzione francese, e la rappresentanza intesa in senso tradizionale, come era stata concepita dal Medioevo fino alla rivoluzione francese. E come ha continuato ad essere in regioni e Nazioni dove l’influenza ideologica del liberalismo non ha imposto quelle che Auguste Comte definisce “fumisterie”.

A dover essere rappresentata, davanti al Governo, è la società, nelle sue articolazioni. La dottrina sociale cattolica chiama “corpi intermedi” le famiglie, i municipi, gli ordini professionali, le corporazioni.

Che cosa deve essere rappresentato? Non un’opinione ideologica, che nasconde, in realtà, interessi inconfessabili di partito, di lobby e di setta, ma interessi legittimi. Quelli delle comunità alle quali si appartiene.

Come devono essere rappresentati? Con un rapporto fiduciario a base personale, vincolato ai rappresentati.

La prima cosa si chiama rappresentanza organica, la seconda mandato imperativo. Sono i due fattori decisivi per cambiare la qualità della rappresentanza.

Marina Carrese
presidente della Fondazione Il Giglio, Napoli

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