Terra dei fuochi, nuovo studio rileva picchi di veleno nelle piante

Anche in zone finora non inquinate

Un nuovo studio scientifico ha rilevato livelli allarmanti di elementi tossici nella Terra dei Fuochi in Campania – un’area che registra uno dei più alti tassi di incidenza di tumori in Europa – anche in zone finora ritenute non inquinate. La ricerca, pubblicata su Science of the Total Environment, ha utilizzato un muschio (Scorpiurium circinatum) come bioindicatore rilevando un accumulo di alte concentrazioni di arsenico, mercurio, piombo e altri elementi potenzialmente tossici sia in un sito industriale sia in un’area rurale della Campania.

Questi risultati giungono sulla scia di una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) che ha condannato l’Italia per la cattiva gestione della Terra dei Fuochi, riconoscendo un rischio «imminente» per la vita della popolazione. Lo studio è stato condotto da un team dell’Università di Napoli Federico II in collaborazione con la Sbarro Health Research Organization (SHRO) della Temple University di Philadelphia. I ricercatori hanno impiegato ‘moss bags’, ovvero sacchetti contenenti campioni del muschio capaci di assorbire gli inquinanti dell’aria, posizionandoli in sei punti di due aree campione in Campania.

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Dalla Reggia di Carditello a Giugliano

Una delle aree era il bosco della Reggia di Carditello, una tenuta non urbanizzata con presenza umana minima; l’altra era una zona industriale nel comune di Giugliano in Campania, uno dei luoghi simbolo dello smaltimento illegale di rifiuti.

Come metro di paragone, è stata scelta una località montana isolata (il Monte Faito) priva di fonti inquinanti. I sacchetti di muschio sono stati esposti per 21, 42 e 63 giorni, dopodiché i campioni sono stati analizzati per sette elementi tossici: arsenico, cadmio, cromo, rame, mercurio, piombo e antimonio; si è passati all’analisi anche degli eventuali danni cellulari e stress ossidativo nei tessuti vegetali.

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Allarme salute pubblica

I muschi prelevati a Carditello e a Giugliano hanno assorbito quantità significative di inquinanti, mentre i campioni di controllo del Monte Faito sono rimasti praticamente puliti. Dopo sole tre settimane di esposizione nei siti della Terra dei Fuochi, il muschio conteneva già concentrazioni rilevanti di contaminanti: ad esempio l’arsenico ha raggiunto circa 2,2 mg per kg di tessuto, il rame 17 mg/kg e il mercurio 0,06. Tali livelli, si afferma nello studio, sono risultati sufficienti a innescare reazioni biologiche nel muschio, tra cui stress ossidativo, attivazione delle difese antiossidanti e danni ultrastrutturali osservabili nelle cellule.

Il fatto che il muschio mostri segni di sofferenza dopo un’esposizione così breve, viene indicato nello studio, rappresenta un campanello d’allarme: indica che respirare l’aria di queste zone, anche per periodi limitati, può causare stress a livello cellulare negli organismi viventi.

«Questa ricerca – spiega Antonio Giordano, presidente di Shro, co-autore della ricerca e da lungo tempo impegnato nello studio degli effetti della Terra dei Fuochi sulla salute, in una dichiarazione ufficiale a margine della pubblicazione – convalida scientificamente ciò che denunciamo da anni: la Terra dei Fuochi è una catastrofe ambientale in atto, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica. È allarmante constatare che persino un’area considerata ‘integra’ risulti in realtà contaminata e biologicamente sotto stress».

E Giordano aggiunge: «Non ci sono più dubbi che i fumi tossici dei roghi di rifiuti permeano l’intero ambiente. Alla luce di questi risultati, e della recente sentenza europea, dobbiamo adottare un approccio One Health, riconoscendo che tutelare l’ambiente significa tutelare la salute umana. Servono interventi immediati e concreti per bonificare le aree inquinate e prevenire ulteriori sversamenti e incendi illegali. La salute delle nostre comunità e il futuro del nostro ecosistema dipendono da un’azione rapida».

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