La dura accusa lanciata durante il processo
«Ogni volta che lo vedevo Diego mi chiedeva aiuto e io non sapevo come fare. Sapevo che lo tenevano sotto sequestro e lui aveva paura di tutto». Questa la dura accusa lanciata oggi dal banco dei testimoni da Veronica Ojeda, ex moglie di Diego Armando Maradona, al processo in corso sulla morte dell’idolo argentino che vede imputati l’intero staff medico che lo aveva in cura.
«Quando me ne andavo mi diceva ‘portami via’, aveva paura a rimanere solo», ha aggiunto Ojeda, scoppiata in pianto durante la dichiarazione. L’ex moglie ha quindi ribadito in tribunale che la decisione del ricovero domiciliare era stata presa dal neurochirurgo Leopoldo Luque e dal suo staff e che gli era stato garantito che sarebbe stato seguito come se fosse in ospedale.
La testimonianza ha poi assunto toni drammatici quando Ojeda ha ricordato il momento in cui è venuta a sapere della morte di Diego. «L’ho saputo dalla radio mentre ero in macchina con Dieguito dopo che un giornalista mi aveva avvertito di andare subito alla residenza di Tigre. Quando sono arrivata sono entrata nella stanza e l’ho trovato gonfio, con la schiuma in bocca. Ho pregato, sono uscita e sono svenuta», ha raccontato Ojeda.
Il processo vede imputati per omicidio semplice con dolo eventuale oltre al neurochirurgo Leopoldo Luque, anche altre sei persone incaricate di seguire la degenza di Maradona dopo un intervento chirurgico per un ematoma alla testa. L’autopsia ha stabilito che Maradona è morto il 25 novembre del 2020 per un «edema polmonare acuto dovuto a insufficienza cardiaca congestizia acuta e cardiomiopatia dilatativa», un quadro, sostengono i periti, che si è sviluppato e aggravato nel corso di diversi giorni durante i quali non avrebbe ricevuto le cure necessarie. Secondo la testimonianza di uno dei forensi l’ex campione di Messico ‘86 avrebbe inoltre agonizzato per circa 12 ore prima del decesso.