Tra toghe rosse e governi sgraditi: l’Europa che punisce il voto popolare

Democrazia sì, ma solo se vince chi piace alla «sinistrocrazia»

Democrazia a rischio, in Europa e anche in Italia. La battaglia tra magistratura e politica, su quale dei due sia il potere più «potere» si fa sempre più dura. Sembra essersi perso quell’equilibrio e quel rispetto reciproco che hanno consentito a entrambe, per oltre 70 anni, di confrontarsi e collaborare in difesa, da un lato, della tenuta democratica che poggia sul rispetto del voto popolare e, dall’altro, dall’indipendenza dei giudici e il convivere civile, garantiti dall’osservanza delle norme e dall’autonomia della politica, assicurata dall’immunità parlamentare (che, forse, è il caso di ripristinare, ndr).

Crisi esplosa dopo il voto europeo

Ciò che, però, suscita qualche perplessità, è che tutto questo – pur latente ed evidente, da sempre – sia esploso di colpo dopo le ultime elezioni europee. Da cui, la sinistra è uscita battuta, mentre la destra è cresciuta, il governo Meloni è stato l’unico a uscire rafforzato e tutti gli altri assolutamente traballanti. Dando netta la sensazione che per la sinistra sia cominciata la resa dei conti e il prossimo appuntamento con le urne potrebbe esserle fatale.

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È, infatti, da quel momento che le dolenti note hanno cominciato a farsi sentire, con l’ex commissario Ue, il francese Breton, che avvisa tutti sui «poteri forti determinati ad annullare il voto in Germania se Alternative für Deutschland avesse vinto».

E dalle minacce ai fatti, il passo è stato breve. Prima l’Ufficio elettorale rumeno invalida la candidatura del leader nazionalista, Georgescu, eliminandolo dalle elezioni presidenziali di maggio in Romania; poi tocca alla fondatrice del Rassemblement national (oggi primo partito francese) Le Pen – favoritissima per la conquista dell’Eliseo – a essere cancellata dalle elezioni presidenziali transalpine del 2027, condannata per frode e dichiarata ineleggibile.

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È, vero, ha annunciato che farà ricorso, ma è improbabile che la sentenza definitiva, arrivi in tempo utile per consentirle di partecipare. Tanto più che nessuno ha troppo interesse a rimetterla in gioco.

Italia: tra giustizia e scontro politico

Ancora più complessa, la situazione in Italia. Intanto perché la difficoltà di rapporto fra politica-magistratura, arriva da lontanissimo. Dalla discesa in campo di Berlusconi nel 1994. E, guarda caso, anche allora si parlava di riforma della giustizia e della separazione delle carriere. E neanche allora i magistrati volevano sentirne parlare. Ma la determinazione del centrodestra a portarla al termine anche allora era fortissima e il defunto fondatore di Fininvest, la pagò con quasi 40 procedimenti penali e una novantina di gradi di giudizio.

E non dimentichiamo, oggi l’iscrizione nel registro degli indagati della premier Meloni, i ministri Nordio, Piantedosi e di Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, disposta dalla Procura di Roma, per il caso Almasri. Ma, in quegli anni, i magistrati godevano ancora della massima fiducia dei cittadini. Stima, che gli errori commessi e la dimostrazione di crescente scarsezza di terzietà politica, nel frattempo, hanno dissipato.

Migranti, Albania e ostruzionismo giudiziario

Di conseguenza, non godendo più del favore popolare e nella speranza di riuscire a bloccarne la realizzazione, magari via referendaria (anche se dovrebbero prima recuperare la fiducia dei cittadini, e finchè continueranno così, non sarà facile) hanno deciso di prendere la strada dell’opposizione politica, conquistandosi sì l’appoggio del «campo(santo)», ma non quello del popolo. Ciò nonostante, pur di mettere in difficoltà l’esecutivo, hanno preso a disapplicare tutti i decreti del governo e proprio sabato, l’Anm,0 ha definito «inquietante» il decreto sicurezza appena approvato.

Inoltre, nonostante, la Commissione europea abbia detto più volte di essere assolutamente d’accordo, con la strategia scelta dal governo per il contrasto ai flussi di migranti, di trasferire i clandestini arrivati irregolarmente in Italia, nei due centri per il rimpatrio realizzati in Albania, ne ha già impedito per due volte il trasferimento. Ma l’esecutivo non si è fermato è andato avanti. Nel penultimo consiglio dei ministri, ha approvato un nuovo decreto per adibire i due siti di: Shengjin e Gjader a centri per il rimpatrio.

Ancora una volta la Commissione ha detto «sì», perché entrambi verrebbero sottoposti alla legislazione italiana che è conforme al diritto Ue. Basterà questo a spingere i magistrati a fare un passo indietro? Teoricamente, la risposta dovrebbe essere «si», ma…. con le toghe rosse, «del doman non v’è certezza».

L’opposizione si divide, ma grida all’Europa

Intanto, sabato a Roma, si è svolta la giornata per l’Europa e contro le armi, voluta da Conte, promozionata dalla tiktoker De Crescenzo e l’arrivista Boccia. Ma i sinistrati, per la stessa Europa e le stesse armi, dopo quella del M5S di sabato, ieri hanno data vita ad altre due «piazzate», in Emilia e Romagna con oltre 30 posizioni diverse. Alla faccia della compattezza!

E Prodi ha richiamato, addirittura, lo «Spirito di Ventotene». Spero non si riferisse a quello de «La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria». Ma ho paura che si parli proprio di quello, perché questi signori parlano sempre di Europa, guerra e armi, mai di difesa della democrazia, di cui nell’Ue, tra obblighi, veti, divieti Green Deal e ora anche dazi, non se ne scorge oncia.

Setaro

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