Il governo valuta strategie per accelerare la spesa
Finora sono stati versati all’Italia, con le prime sei rate del Pnrr, 122,2 miliardi di euro: il 63% delle risorse totali (194,4 miliardi, di cui 71,8 di sovvenzioni e 122,6 miliardi di prestiti). A fronte di questi versamenti a fine febbraio 2025, «la spesa ha raggiunto 64 miliardi, pari a oltre il 50% delle risorse ricevute».
La sesta relazione sullo stato di avanzamento del Pnrr, depositata in Parlamento, fotografa quanto è stato speso e programmato del piano finanziato dalla Ue per la ripresa economica europea post pandemica, quando manca circa un anno e mezzo alla sua conclusione. Dunque all’Italia restano da spendere circa 130 miliardi di euro. Da giorni si fa strada il dibattito sull’ipotesi che il governo possa chiedere un rinvio di un anno della scadenza finale per riuscire ad impegnare un numero di risorse più alto.
Nei prossimi mesi, annota la relazione, è atteso un «impatto positivo in termini di velocizzazione della spesa», sia in ragione dell’avanzamento dei lavori, sia grazie alla piena operatività della disposizione introdotta dal Dl dello scorso agosto che consente di erogare più rapidamente in via anticipata ai soggetti attuatori sino al 90% delle risorse corrispondenti ai progetti, in modo da assicurargli la necessaria liquidità. «Questa accelerazione dovrebbe contribuire a rafforzare l’impatto del Piano sul prodotto interno lordo in un complesso contesto congiunturale», sottolinea il testo.
Gli obiettivi raggiunti
La relazione sgrana l’elenco degli obiettivi raggiunti. Con l’approvazione della sesta richiesta di pagamento l’Italia «ha conseguito 270 milestone e target su un totale di 621 (43%)», mentre se si tiene conto anche degli obiettivi rendicontati nella settima rata in corso di valutazione, «sono stati raggiunti 337 milestone e target (54% del totale)». Se si considera invece l’indicatore delle procedure di attivazione per l’assegnazione dei finanziamenti e l’individuazione dei soggetti da finanziare, «risulta programmato oltre il 92% delle risorse del» Pnrr.
La premier Giorgia Meloni rivendica: «Abbiamo ancora molto lavoro da fare, ma i risultati raggiunti finora ci rendono orgogliosi e ci spronano a fare sempre meglio. Nell’interesse dell’Italia e degli italiani». Poi sottolinea come il testo appena depositato in Parlamento «conferma il primato europeo dell’Italia nella sua realizzazione, per numero di obiettivi conseguiti, per risorse complessive ricevute e per numero di richieste di pagamento formalizzate e incassate».
L’ipotesi di una possibile richiesta di rinvio, si riflette all’interno della maggioranza, potrebbe diventare anche un tema legato ai prossimi appuntameli elettorali. Uno dei target che potrebbero essere approfonditi con una ipotetica maggiore dilazione dei tempi, sarebbe quello sull’attuazione del federalismo fiscale, battaglia che sta a cuore alla Lega. Potrebbe aprirsi, forse, uno spazio che consenta maggiore flessibilità nell’uso delle risorse piuttosto che un rinvio.
Una narrazione falsa
Domenica il ministro per gli Affari Ue, Tommaso Foti, intervistato dall’AGI, ha rivolto un invito: «Attenzione a lasciare passare il messaggio che tutto è fermo o irrimediabilmente in ritardo. Perché poi rischia di radicarsi una narrazione falsa». Ed ha auspicato «un clima diverso» sul piano nazionale di ripresa e resilienza che sta portando avanti il governo, ricordando che «le procedure previste per ottenere una proroga investono più soggetti istituzionali e con decisioni a maggioranza qualificata o all’unanimità».
Mentre il vice presidente della Commissione con delega alla Coesione Raffaele Fitto ieri sottolinea: «Tutti i traguardi e gli obiettivi devono essere raggiunti entro la fine di agosto 2026 e gli stati membri devono presentare la loro ultima richiesta di pagamento entro la fine di settembre 2026». Dalle opposizioni la segretaria Pd Elly Schlein incalza: «Sono divisi anche sull’attuazione del Pnrr, su cui non si capisce se ha ragione Giorgetti che chiede il rinvio di un anno o Foti, coperto da Meloni, che dice che va tutto bene e i ritardi non ci sono e riusciranno a spendere più del 60% delle risorse nel 2026».