Da un dialogo emergerebbe la prova del presunto sistema corruttivo
Alcuni indagati nella maxi inchiesta sul caso Huawei sarebbero stati intercettati per mesi e da un dialogo in auto emergerebbe la prova del presunto sistema di corruzione per promuovere alcuni emendamenti. È quanto emerge dal provvedimento notificato a Lucia Simeone, assistente dell’eurodeputato deputato di Forza Italia Fulvio Martusciello, arrestata (e ora ai domiciliari) la scorsa settimana su richiesta delle autorità belghe.
Gli atti, in francese, sono stati tradotti in italiano prima dell’interrogatorio a cui si è sottoposta l’indagata dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, assistita dall’avvocato Antimo Giaccio, in vista dell’udienza per l’estradizione. Un’intercettazione in particolare che la Procura belga inserisce tra gli indizi definiti gravi e sufficienti a dimostrare la colpevolezza, nell’ambito dell’indagine sulle presunte tangenti, per circa 46mila euro, versate ad alcuni politici affinché si spendessero in sede Ue per favorire il colosso cinese Huawei nell’introduzione della telefonia 5G in Europa.
La conversazione intercettata
Nella conversazione captata dagli investigatori, a parlare a bordo di un suv sarebbero Valerio Ottati, dipendente della Huawei Belgio e un suo collega di azienda, dipendente della stessa azienda in Polonia. Ottati e altri sono accusati dei reati di associazione a delinquere, di corruzione, di riciclaggio e anche di uso di documenti falsi. In questa conversazione Ottati avrebbe detto al suo interlocutore che l’aziende avrebbe pagato per ottenere gli emendamenti.
Il ruolo di Lucia Simeone
Per gli inquirenti belgi Lucia Simeone avrebbe avuto un ruolo nella ridistribuzione del fondi del presunto patto corruttivo incentrato su una lettera da inviare a tre commissari europei nella quale venivano evidenziati impedimenti in ordine alla libera concorrenza nell’implementazione del 5G. Le indagini sono partite dopo una denuncia del 27 gennaio 2023 su presunti episodi di corruzione o di tentata corruzione.