Basta ideologia e neologismi, è tornata la normalità
Negli ultimi decenni, il sistema scolastico italiano ha subito un progressivo smarrimento della propria funzione originaria: formare cittadini consapevoli, radicati nella propria cultura e capaci di affrontare il futuro con solidi punti di riferimento. In nome di un malinteso progresso, la scuola si è trasformata in un laboratorio ideologico, dove le certezze sono state sostituite da costrutti effimeri e la tradizione svuotata per far posto a narrazioni mutevoli e neologismi privi di significato concreto.
Oggi, si intravede un’inversione di rotta. Con la proposta di legge sull’educazione civica e il decreto per la riorganizzazione del sistema scolastico, si riafferma un principio fondamentale: il sapere non è un costrutto astratto, ma un’eredità viva che deve essere trasmessa con responsabilità e rispetto per le radici culturali della nostra civiltà.
L’introduzione dell’insegnamento di scienze giuridiche, economiche e del lavoro nelle scuole secondarie superiori rappresenta un passo decisivo per restituire ai giovani la conoscenza delle istituzioni, dell’economia reale e delle regole che governano la nostra società. Non si tratta di un astratto richiamo alla legalità, ma di un’autentica educazione alla cittadinanza, basata sulla comprensione della nostra storia giuridica, dei diritti e doveri che derivano dalla nostra appartenenza a una comunità.
Non è un caso che il coordinamento dell’educazione civica venga affidato ai docenti di discipline giuridiche ed economiche. Si tratta di un segnale chiaro: basta con l’approssimazione e l’affidamento di materie cruciali a insegnanti privi delle necessarie competenze specifiche. La scuola deve tornare a essere un luogo di formazione rigorosa, non un palcoscenico per esperimenti pedagogici.
Istituti più efficienti
Parallelamente, il decreto sulla riorganizzazione del sistema scolastico previsto dal Pnrr risponde alla necessità di superare le distorsioni di un modello burocratizzato e inefficace. La revisione dei criteri per il dimensionamento delle scuole e l’assegnazione più razionale dei dirigenti scolastici e del personale tecnico-amministrativo mirano a garantire istituti più efficienti, con una distribuzione equa delle risorse e una gestione più attenta alle reali esigenze degli studenti.
Non meno importante è il rafforzamento dell’offerta formativa, che torna a valorizzare competenze concrete e conoscenze radicate nella realtà. Basta con le mode educative effimere, che inseguono le tendenze globaliste e spersonalizzanti. L’Italia ha una tradizione educativa millenaria che non ha bisogno di reinventarsi ogni decennio per inseguire dogmi imposti dall’alto.
Un popolo che non conosce la propria storia e la propria identità è destinato a essere preda delle mode e delle influenze esterne. La scuola non può essere un mero strumento di adattamento a un mondo senza radici. Deve, invece, essere il luogo in cui si trasmettono valori, conoscenze e strumenti per affrontare la realtà con spirito critico e con un saldo ancoraggio alla nostra civiltà. Basta ideologia, basta neologismi privi di senso. È tornata la normalità. E con essa, la consapevolezza che solo riscoprendo la nostra identità possiamo affrontare il futuro con fiducia e determinazione.