Sigilli da quasi 6,5 milioni
Centinaia di persone assunte da aziende non operative e impiegate presso un altro datore di lavoro, che riusciva così ad abbattere i costi, non avendo in organico lavoratori subordinati, e a praticare prezzi di vendita dei propri prodotti più bassi, violando le regole della leale concorrenza.
È quanto emerso dall’indagine della Procura di Napoli Nord e della Guardia di Finanza di Napoli, che ha eseguito il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del tribunale di Napoli Nord a carico di cinque persone e società, indagate per i reati di emissione e utilizzo in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti.
La somma e i beni oggetto del sequestro avevano inizialmente un valore di oltre 16,5 milioni di euro, corrispondente alle violazioni riscontrate tra il 2018 e il 2021, anni nei quali gli indagati, in particolare la società che utilizzava realmente i lavoratori, non avrebbe versato neanche l’Iva, detraendola senza averne diritto, visto che le altre società da cui riceveva i dipendenti non versavano l’Iva; poi però durante le indagini, l’azienda ha sanato parte delle irregolarità versando 10 milioni, e alla fine il sequestro ha avuto oggetto beni e soldi per quasi 6,5 milioni di euro.
La ricostruzione degli inquirenti
Dalle indagini, realizzate dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli, è emerso che le frodi si sarebbero consumate sulla base di una triangolazione di società: c’erano le sei società subappaltratrici cosiddette «serbatoio», o «cartiere», perché esistenti solo su carta, quindi la società intermediaria, cioè l’appaltatrice, che senza pagare Iva o altre imposte o contributi fornivano manodopera alla società committente, che impiegava i lavoratori nelle sue varie sedi organizzandone e dirigendone il lavoro anche tramite un software.
Le società serbatoio, costituite tutto lo stesso giorno con l’assistenza dello stesso professionista, hanno accertato gli inquirenti, avevano assunto solo formalmente e tutte insieme il personale che era già alla dipendenze di altre società (cosiddetta transumanza del personale), e inoltre non hanno mai presentato il bilancio e la dichiarazione annuale, avevano «teste di legno» come rappresentanti legali, in quanto persone nullatenenti e senza alcuna pregressa esperienza professionale o imprenditoriale.