Dal San Carlino a «Miseria e Nobiltà»: la storia di un successo eterno
«Quel lungo e altissimo applauso, nel quale prorompeste, mi risuona ancora nell’orecchio e nel cuore». Oggi, 13 marzo, ricordiamo Eduardo Scarpetta, nato in questo stesso giorno nel 1853, il padre della commedia napoletana moderna. Attore, commediografo e straordinario innovatore del teatro, ha trasformato la tradizione napoletana, portandola a un successo senza precedenti. Il suo talento comico, la sua scrittura brillante e la creazione di personaggi iconici, come Felice Sciosciammocca, lo hanno reso una leggenda della scena italiana. Ancora oggi, le sue opere continuano a essere vive, dimostrando che la sua comicità e il suo intelletto restano senza tempo.
- Le origini e la dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo
- Un destino segnato dal teatro
- La nascita di Felice Sciosciammocca e il successo al San Carlino
- La determinazione di Scarpetta e il teatro Metastasio
- Il ritorno al San Carlino e la consacrazione nazionale
- Il successo di «’Na santarella» e la costruzione di Villa La Santarella
- «Miseria e nobiltà»: il capolavoro immortale
- Il declino e la causa con D’Annunzio
- L’eredità di un genio del teatro
Le origini e la dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo
Nato Odoardo Lucio Fausto Vincenzo Scarpetta, capostipite della dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo, è stato il più noto attore e autore napoletano tra la fine dell’800 e l’inizio del 900. Dopo la sua scomparsa, è stato suo figlio Vincenzo a portare avanti la compagnia teatrale, mantenendo viva la tradizione comica e il repertorio che aveva reso celebre la famiglia.
Parallelamente, nacque un altro importante filone teatrale legato agli Scarpetta: quello dei fratelli De Filippo. Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, infatti, erano figli di Edoardo Scarpetta, ma non ne portavano il cognome perché nati dalla sua relazione con Luisa De Filippo, nipote di sua moglie Rosa. Cresciuti inizialmente all’interno della compagnia di Vincenzo, i tre fratelli avrebbero poi intrapreso un percorso autonomo, dando vita a un nuovo capitolo della scena teatrale napoletana, destinato a lasciare un’impronta indelebile nella storia dello spettacolo italiano.
Un destino segnato dal teatro
Eduardo Scarpetta nacque in una famiglia modesta: suo padre, Domenico Scarpetta, era un funzionario statale che avrebbe voluto per lui una carriera stabile negli studi e nell’amministrazione, mentre sua madre, Emilia Rendina, si dedicava alla casa. Ma il destino di Eduardo prese una strada diversa.
Nel 1868, a soli quindici anni, la difficile situazione economica della famiglia, aggravata dalla malattia del padre, lo spinse a cercare lavoro. Animato da una forte passione per il teatro, decise di unirsi a una compagnia teatrale. Fu l’attore Andrea Natale a introdurlo all’impresario Alfonso Ventura, che gli offrì il primo ingaggio come attore generico nella compagnia di Antonio Petito. Questo fu il suo trampolino di lancio: grazie al talento e alla determinazione, nel 1879 Scarpetta divenne capocomico della compagnia.
La nascita di Felice Sciosciammocca e il successo al San Carlino
Il vero successo arrivò nel 1870, quando iniziò a interpretare Felice Sciosciammocca, un personaggio nato per accompagnare Pulcinella nelle farse di Antonio Petito. Quest’ultimo, riconoscendo le doti comiche del giovane attore, scrisse per lui alcune commedie, tra cui «Feliciello mariuolo de ’na pizza» e «Felice Sciosciammocca creduto guaglione ‘e n’anno». Col tempo, Scarpetta affinò la sua scrittura e portò in scena anche testi di propria invenzione. Dopo la morte di Petito, il teatro San Carlino passò sotto la direzione di De Martino, segnando per Scarpetta la fine di un’epoca e l’inizio di nuove opportunità.
La determinazione di Scarpetta e il teatro Metastasio
Era disposto a tutto pur di affermarsi, anche a sopportare la fame piuttosto che sottomettersi alla guida di Davide Petito, nuovo capo della compagnia del San Carlino. Determinato a trovare la propria strada, trascorse un breve periodo a Roma nella compagnia di Raffaele Vitale, uno dei più celebri interpreti di Pulcinella dell’epoca. Tornato a Napoli, decise di mettersi in proprio: insieme ad alcuni colleghi, affittò un piccolo teatro sul Molo, il Metastasio, dove portò in scena alcuni suoi lavori.
Il ritorno al San Carlino e la consacrazione nazionale
Nel 1878 fece ritorno al San Carlino con una posizione di maggiore prestigio, sapendo che questa volta al suo fianco avrebbe recitato in secondo piano il pulcinella Cesare Teodoro. Qui conquistò il pubblico con «Don Felice maestro di calligrafia», meglio noto come «Lu curaggio de nu pompiere napulitano», che gli diede grande notorietà. L’anno successivo partì per una tournée nazionale, consolidando la sua fama ben oltre i confini napoletani.
Nel 1880, con un prestito di 5.000 lire ottenuto dall’avvocato Severo, realizzò un sogno ambizioso: rilevò e ristrutturò il Teatro San Carlino, restituendogli l’antico splendore. Il 1º settembre inaugurò la nuova gestione con «Presentazione di una Compagnia Comica». Quella fu solo la prima di una lunga serie di serate trionfali che lo resero un vero idolo del teatro.
Il successo di «’Na santarella» e la costruzione di Villa La Santarella
Il successo gli permise di cambiare radicalmente il proprio stile di vita: da figlio di una famiglia modesta divenne un uomo facoltoso. Il 15 maggio 1889 consacrò definitivamente la sua carriera con «Na santarella», che ottenne un clamoroso trionfo al Teatro Sannazaro, attirando il pubblico più elegante e mondano di Napoli.
Con gli incassi di quella commedia si concesse un’ultima grande soddisfazione: fece costruire sulla collina del Vomero una splendida villa, Villa La Santarella, che prese il nome proprio dalla sua opera di maggior successo. Sulla facciata volle incidere la frase «Qui rido io!», simbolo della sua filosofia di vita. Tuttavia, nel 1911 decise di venderla, poiché la moglie non si sentiva al sicuro nell’abitarla da sola durante le sue lunghe tournée.
«Miseria e nobiltà»: il capolavoro immortale
Il suo più grande successo fu «Miseria e nobiltà», una commedia destinata a entrare nella storia del teatro napoletano e a essere adattata per il cinema in tre occasioni, la più celebre delle quali nel 1954 con Totò. Paradossalmente, l’opera nacque non per ambizione personale, ma per un motivo familiare: Scarpetta la scrisse per offrire al figlio dodicenne, Vincenzo, l’opportunità di debuttare nel ruolo di Peppiniello.
Il declino e la causa con D’Annunzio
Con il passare degli anni, però, la sua fortuna cominciò a incrinarsi. La nascita del Teatro Salone Margherita, aperto nei sotterranei della nuova Galleria Umberto I, segnò l’inizio di un cambiamento nei gusti del pubblico. Per contrastare il successo del nuovo genere, Scarpetta tentò di adattarsi aprendo un proprio Café-chantant, ma la sua carriera subì un colpo durissimo nel 1904, quando si ritrovò coinvolto in uno degli scandali teatrali più eclatanti del suo tempo.
La causa del clamore fu «Il figlio di Iorio», una parodia de «La figlia di Iorio» di Gabriele D’Annunzio, che si rivelò un fiasco e suscitò una valanga di polemiche. D’Annunzio lo portò in tribunale, dando inizio a una causa giudiziaria che si trascinò per tre anni, dal 1906 al 1908. Sebbene Scarpetta vinse la disputa legale, il processo lo segnò profondamente. Le critiche piovvero da ogni parte, in particolare da intellettuali come Salvatore Di Giacomo e Roberto Bracco, che lo attaccarono duramente.
Tra le poche voci a difenderlo vi fu quella di Benedetto Croce, che si schierò apertamente dalla sua parte. Lasciò il suo amato palco nel 1909, dopo aver partecipato alla parodia «Regina del mare» composta da suo figlio Vincenzo e morì, nel 1925, all’età di 72 anni.
L’eredità di un genio del teatro
Eduardo Scarpetta ha regalato al mondo un teatro che non invecchia e il suo lascito non si è fermato con lui. I suoi figli e i suoi nipoti hanno raccolto la sua eredità, portando avanti la passione per il teatro e consolidando quella dinastia artistica che ancora oggi risuona sui palcoscenici. Il suo spirito vive nelle loro interpretazioni, negli occhi del pubblico e nella memoria di chi continua ad amare la sua arte. Il suo genio, ancora oggi, continua a farci ridere e sognare.
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