La presidente della Commissione: «La nostra sicurezza è minacciata»
La Commissione Europea, dopo mesi di melina, finalmente ha presentato il piano per la rivitalizzazione della difesa del Vecchio Mondo, che senza gli americani ormai è in grado di fare (in autonomia) poco o nulla.
«Viviamo in tempi pericolosi, la nostra sicurezza è minacciata in modo serio», ha messo in guardia Ursula von der Leyen presentando la sua proposta in grado – a suo dire – di ‘cubare’ ben 800 miliardi di euro tra risorse nazionali, liberate dalla deroga al Patto di stabilità, e soldi freschi comunitari, presi a prestito dall’esecutivo Ue sui mercati. Insomma, i famigerati eurobond alla fine si sono manifestati, benché in una quota molto ridotta e con alcune limitazioni.
Von der Leyen ora porterà la sua idea – articolata su cinque pilastri impacchettati col nome-titolo ‘Rearm Europe’ – al vertice straordinario dei leader di domani per un primo confronto, con l’intenzione di lavorare ai testi legislativi in tempo per il Consiglio Europeo di fine marzo.
La procedura d’urgenza
La Commissione vuole andare in fretta e dunque ha scelto la procedura d’urgenza per la creazione del nuovo strumento finanziario sulla base dell’articolo 122 del Tfeu, che permette di accorciare le procedure (al Parlamento Europeo gli eurodeputati sono già in subbuglio). Un bel rospo da ingoiare dato che si tratta comunque di risorse ingenti, negate ad altre esigenze altrettanto rilevanti per i cittadini europei. «I leader nelle ultime settimane hanno condiviso il senso di urgenza», tagliano corto alla Commissione.
Entrando nel dettaglio, tra le cifre note ci sono sostanzialmente due tronconi: con le deroghe al Patto di stabilità si stima possano generarsi in quattro anni 650 miliardi di investimenti nella difesa Ue grazie ai bilanci nazionali. Palazzo Berlaymont proporrà di attivare per tutti i 27 le clausole di salvaguardia nazionali che permettono di deviare dai limiti di spesa pubblica. Ci sarà un tetto massimo di spesa in deroga – ma solo per la difesa – pari all’1,5% del Pil: un’enormità che vale in teoria 257 miliardi l’anno a livello Ue ma che Bruxelles stima possa liberarne realmente meno.
I tempi sono fulminei: dalla proposta del Berlaymont il Consiglio Ue si esprime entro quattro settimane (a maggioranza qualificata). Le deroghe saranno comunque temporanee mantenendo tutti i paletti Ue su debito e deficit, oltre alle procedure per disavanzo eccessivo già in corso.
Altri 150 miliardi verranno da prestiti concessi da Bruxelles agli Stati con eurobond emessi dalla Commissione e garantiti dal bilancio Ue. Non ci saranno sovvenzioni come già nel Recovery, ma solo prestiti. Saranno però comunque vantaggiosi: oggi l’esecutivo comunitario ottiene sui mercati condizioni più favorevoli rispetto a quelle di 20 su 27 Stati Ue.
Le altre misure
Ci saranno poi tutta una serie di misure non quantificate, che potrebbero sbloccare altri fondi, a partire da una riforma dei programmi di Coesione con l’ipotesi di eliminare le restrizioni all’uso per la difesa, un ruolo della Banca europea per gli investimenti e la mobilitazione di finanziamenti privati grazie al completamento dell’Unione dei mercati dei capitali. Un piano corposo che non convince tutti gli osservatori.
Sostegno all’Ucraina
Il piano, inoltre, sosterrà anche l’Ucraina sia nei progetti congiunti e sia consentendo agli Stati di dare rapidi aiuti militari a Kiev. Nelle ultime bozze del vertice di giovedì i 27 si legge che l’Ue continuerà a dare all’Ucraina «un sostegno finanziario regolare e prevedibile» e nel 2025 «fornirà 30,6 miliardi di euro», con esborsi dallo strumento per l’Ucraina pari a «12,5 miliardi di euro» e altri «18,1 miliardi di euro» nell’ambito dell’iniziativa del G7.