L’imputato: «Volevo essere benvoluto»
Un omicidio per guadagnarsi il «rispetto» di chi controllava la piazza di spaccio. È questo lo scenario che emerge dal processo al 17enne di Pianura, condannato a 15 anni e 4 mesi per l’uccisione di Gennaro Ramondino, ventenne e suo migliore amico.
Il ragazzo, davanti alla giudice Angela Draetta del Tribunale dei Minori di Napoli, ha descritto il peso di quella notte e il condizionamento subito: «Oggi ho capito di essere stato plagiato. Porterò questo scrupolo per tutta la vita». Come riporta «La Repubblica», il giovane ha spiegato di essere stato spinto a compiere il gesto da un gruppo di trentenni che gestiva il traffico di droga nel quartiere. «Mi dicevano che ero uno sveglio e potevo crescere con loro. Volevo essere benvoluto. Così li ho compiaciuti», ha dichiarato in aula, sottolineando però di non aver mai partecipato allo spaccio. Una versione che ha convinto la giudice, che lo ha assolto dalle accuse legate agli stupefacenti ed escluso l’aggravante mafiosa.
Resta, però, la responsabilità dell’omicidio. Secondo quanto raccontato dal minorenne, che si trova ora in un carcere minorile, l’arma del delitto era stata lasciata su un tavolo dal gestore della piazza. «È bastato uno sguardo e ho capito», ha detto. Dopo l’omicidio gli venne chiesto di dare fuoco al corpo di Ramondino, ma si tirò indietro, incapace di compiere un ulteriore passo. Il legame tra i due era profondo: «Dormivamo insieme, stavamo la mattina e la notte insieme», aveva raccontato durante le indagini, coordinate dal pm Ettore La Ragione e condotte dalla squadra mobile.