Oggi ricorre l’anniversario della nascita del Principe della Risata
«Signori si nasce, e io lo nacqui». Una battuta che racchiude tutta l’ironia, la genialità e l’eleganza di Antonio De Curtis, in arte Totò. Nato come Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, il 15 febbraio 1898, ancora oggi a distanza di più di mezzo secolo dalla sua scomparsa, il Principe della Risata continua a vivere attraverso il suo immenso patrimonio artistico, fatto di comicità irresistibile, battute entrate nel linguaggio comune e una profondità umana che andava ben oltre la maschera del comico. E oggi più che mai, nel giorno del suo compleanno, va celebrato un poeta della vita capace di raccontare con leggerezza e malinconia le contraddizioni di un intero Paese.
In 50 anni di carriera è stato impegnato sia al teatro che al cinema con 50 titoli, 97 pellicole, 9 telefilm e diversi sketch pubblicitari raggiungendo record di incassi. Abituato ai mezzi modesti del teatro di strada e senza la possibilità di permettersi costumi sfarzosi, Totò trasformò i suoi abiti logori in un vero costume scenico.
Divennero così celebri la sua bombetta sghemba, i pantaloni troppo corti, la giacca larga e le calze colorate. Sebbene il suo aspetto fosse quello di un poveraccio, il personaggio che aveva creato era tutt’altro che indifeso: astuto e tagliente, sapeva sempre volgere ogni situazione a suo favore, proprio come Pulcinella.
Totò e il suo inconfondibile stile comico
La sua straordinaria mimica gli permetteva di roteare gli occhi, fare smorfie esilaranti e deformare il viso con movimenti inaspettati. Il suo umorismo esplodeva in atteggiamenti buffi e surreali, anche quando cercava di mostrarsi serio, lasciando però trasparire, a tratti, una sottile malinconia. Nato in un contesto modesto e riconosciuto dal padre solo nel 1921, aveva vissuto a lungo ai margini di quel mondo nobile che poi avrebbe sbeffeggiato nei suoi spettacoli, con lo stesso spirito graffiante dei teatrini di burattini.
Parodiava i ricchi non solo nel modo di vestire, ma anche nel linguaggio, distorcendo parole ed espressioni altisonanti con effetti comici. Creava frasi che ribaltavano il senso comune, come «Parli come badi» o «Lei è un paziente che non ha pazienza!», giocava con i doppi sensi e coniava termini stravaganti, come bazzecole, quisquilie e pinzillacchere. Il suo modo di esprimersi era tanto assurdo quanto geniale, proprio come il suo inconfondibile stile scenico.
«Non è una cosa facile fare il comico, è la cosa più difficile che esiste, il drammatico è più facile, il comico no; difatti nel mondo gli attori comici si contano sulle dita, mentre di attori drammatici ce ne sono un’infinità. Molta gente sottovaluta il film comico, ma è più difficile far ridere che far piangere» Ecco cosa pensava del lavoro che tanto amava.
Totò, il riconoscimento di un’icona immortale
Molti sono i tributi dell’Italia a Totò, come scuole, statue, vie e teatri tra i quali ricordiamo: il Busto eretto a Casalnuovo di Napoli nel 1980, una statua di bronzo al Rione Alto di Napoli nel 1999, una statua a Cinecittà e molti altri. Il 15 aprile 2017, in occasione dei cinquant’anni dalla scomparsa, la città di Napoli ha inaugurato un monolite in suo onore e ha ospitato la mostra «Totò Genio», con un’inedita collezione di documenti, testimonianze, abiti di scena, locandine, ritratti di artisti del Novecento.
Nel corso della sua carriera ottenne per due volte il «Nastro d’argento» come miglior attore: nel 1952 per «Guardie e ladri» di Steno e Mario Monicelli e nel 1967 per «Uccellacci e uccellini» di Pier Paolo Pasolini.
In un sondaggio condotto nel 2009 dal giornale online quinews.it, Totò è risultato essere il comico italiano più conosciuto e amato, seguito rispettivamente da Alberto Sordi e Massimo Troisi. I suoi film, visti all’epoca da oltre 270 milioni di spettatori rappresentavano un primato nella storia del cinema italiano; il loro successo non ha avuto segni di declino, infatti ancora oggi vengono trasmessi regolarmente nelle reti televisive attirando l’attenzione anche dei più giovani.
Scrittore di canzoni e poesie ricordiamo la celebre «‘A livella», composta in 104 versi, conosciuta a livello internazionale. Qui riportati alcuni versi:
«T’o vvuo’ mettere ‘ncapo, ‘int’a cervella
che staje malato ancora ‘e fantasia?
‘A morte ‘o ssaje ched’è? E’ ‘na livella»