«Massacri delle foibe e l’esodo Giuliano-Dalmata tragedie da non dimenticare»

Lazzarich a ilSud24: «Giorno del Ricordo conquista importante»

Il 10 febbraio, come ogni anno, l’Italia celebra il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004 per commemorare le vittime delle foibe e il dramma dell’esodo Giuliano-Dalmata, che costrinse circa 300.000 italiani a lasciare le proprie terre in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia. Un capitolo drammatico della nostra storia nazionale, a lungo dimenticato o addirittura negato, che oggi trova finalmente spazio nella memoria collettiva. Ne abbiamo parlato con Diego Lazzarich, professore dell’Università di Napoli “L’Orientale” e delegato dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia per la città di Napoli, che ha raccontato il contesto storico e l’importanza di mantenere vivo questo ricordo.

«È importante ricordare questa tragedia per tanti motivi», spiega Diego Lazzarich. «Innanzitutto perché è stata una delle più grandi tragedie umane nella storia italiana contemporanea. Parliamo della perdita di territori italiani, ceduti alla Jugoslavia, e della conseguente migrazione di centinaia di migliaia di persone. Un vero e proprio “esodo”, appunto, che ha riguardato 300.000 italiani, costretti a lasciare le proprie case, i propri affetti, la propria identità».

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Molti dei territori colpiti dall’esodo si svuotarono completamente: «Ci furono interi comuni che si svuotarono, con più del 90% di cittadini italiani costretti alla fuga. È qualcosa di enorme, che possiamo paragonare ad altre migrazioni forzate della storia europea. E come ogni migrazione legata a motivi politici, il contesto in cui avvenne era quello del regime di Tito che di fatto aveva creato delle condizioni di grande insicurezza verso la popolazione italiana in quelle terre».

Una verità negata

Il professor Diego Lazzarich
Il professor Diego Lazzarich

Ma ciò che rende ancora più amara questa tragedia è il silenzio che l’ha circondata per decenni: «Parliamo di una verità storica negata per lungo tempo. L’Italia non ha raccontato questa storia, non ha riconosciuto per decenni il dramma di chi ha dovuto lasciare tutto per restare italiano. Queste persone erano italiane, volevano rimanere italiane, ma si trovarono di fronte a una scelta impossibile. Rimanere significava vivere sotto un regime ostile, scappare significava perdere tutto».

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A rendere ancora più drammatico l’esodo fu la brutalità della repressione jugoslava. «Parliamo di un clima di forte persecuzione nei confronti degli italiani. Tra il 1943 e il 1945, il fenomeno degli infoibamenti si sviluppò in due fasi distinte, con una repressione che nel 1945 divenne sistematica».

Le foibe furono il simbolo di questa violenza: «Abbiamo migliaia di persone prelevate dalle loro case, giustiziate in modo atroce e sommariamente e gettate nelle cavità carsiche, spesso ancora vive, da improvvisati tribunali del popolo, che decidevano esecuzioni senza alcun processo regolare. Migliaia di morti, è doveroso ricordare quello che è successo».

Ma la tragedia non si fermò qui. «C’è una doppia dimensione in questa storia: da un lato le vittime delle foibe, dall’altro gli esuli. La stragrande maggioranza della popolazione italiana fuggì, lasciando ogni cosa. E questa seconda tragedia, in termini numerici, ebbe forse un impatto ancora maggiore. Centinaia di migliaia di persone persero tutto, senza sapere cosa le aspettava nel resto d’Italia».

Il riconoscimento

Per decenni, l’esodo Giuliano-Dalmata è stato un capitolo dimenticato. Solo nel 2004 lo Stato italiano ha istituito il Giorno del Ricordo, riconoscendo finalmente il dramma delle foibe e dell’esodo come parte della memoria nazionale. «L’istituzione del Giorno del Ricordo è stata una conquista importante», sottolinea Lazzarich. «Non è stato semplice arrivare a questo riconoscimento. Inizialmente fu una battaglia politica portata avanti da una parte del Parlamento, ma alla fine la legge fu approvata quasi all’unanimità. Questo dimostra che, al di là delle divisioni politiche, si è riconosciuto che questa era una tragedia nazionale, e non di una sola parte. Certo, è avvenuto molto tardi».

Il Giorno del Ricordo è oggi una solennità civile, un riconoscimento istituzionale fondamentale: «Una solennità civile è un momento molto importante per lo Stato italiano. Che riconosce che è stato un momento fondante, che è un pilastro per la nostra Repubblica. Quindi è importante rendersi conto che, anche nell’identità nazionale, quello è uno degli elementi fondanti come ce ne sono altri. È stato riconosciuto che questa è una pagina di storia che tutti insieme dobbiamo riscoprire, sia per onorare i morti di questa tragedia sia per provare a trarre degli insegnamenti della storia:studiare quello che è successo per comprendere le dinamiche e per evitare che si ripetano tragedie analoghe».

Appuntamento al Mercadante

Per il Giorno del Ricordo 2024, Napoli ospiterà uno spettacolo di grande impatto: Memoria divisa, in scena al Ridotto del Mercadante, curato dalla coreografa Emma Cianchi e interpretato da Antonio Nicastro.

«È un’opera molto significativa», racconta Lazzarich. «Emma Cianchi è una coreografa di fama nazionale e internazionale, ma soprattutto è figlia di un’esule Giuliano-Dalmata. Sua madre era una delle tante persone che trovarono ospitalità a Napoli, e fino a pochi anni fa partecipava attivamente alle celebrazioni per il Giorno del Ricordo».

Napoli, infatti, fu una città particolarmente accogliente nei confronti degli esuli: «A differenza di altre parti d’Italia, Napoli accolse questi italiani con grande generosità. Nonostante fosse una città distrutta dalla guerra, senza risorse, nonostante le difficoltà, diede rifugio a molti esuli senza creare conflitti o contrapposizioni. Esistevano diversi campi di accoglienza, tra cui quello di Capodimonte, che ospitò centinaia di famiglie. Per questo è particolarmente significativo che proprio a Napoli venga messo in scena uno spettacolo dedicato a questa tragedia».

E il valore dell’opera non è solo artistico: «Questo spettacolo è importante anche per il suo valore simbolico. È il lavoro di una figlia di esule, rappresentato nella città che accolse sua madre e tante altre persone. È una testimonianza viva di come la memoria dell’esodo non sia qualcosa di astratto, ma qualcosa che ha segnato profondamente le vite di intere generazioni».

L’iniziativa dell’Orientale

L’attenzione sull’argomento, finalmente, cresce sempre di più. Grazie all’Università degli Studi di Napoli «L’Orientale» sta per nascere il Centro interuniversitario di ricerca e documentazione “Diaspore, memorie, accoglienza”. Un centro che metterà insieme tutti gli atenei partenopei per promuovere gli studi sulle diaspore contemporanee che hanno interessato Napoli. Il primo caso di studio sarà proprio l’esodo da Istria, Fiume e Dalmazia.

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