La difesa affidata alla senatrice Bongiorno
Dopo l’ira, il silenzio. Solo un post stringato sui social di primo mattino: «Andiamo avanti per la nostra strada». Poi Giorgia Meloni presiede un vertice a Palazzo Chigi: sul tavolo l’allarmante impennata di sbarchi dalla Libia. Quindi decide di affidare a un unico avvocato la difesa sua, di Alfredo Mantovano e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi sul caso Almasri: Giulia Bongiorno, la senatrice della Lega che ha già smontato una volta un’accusa mossa dal procuratore Francesco Lo Voi, ottenendo l’assoluzione di Matteo Salvini al processo Open Arms.
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La gestione della vicenda Almasri
Bongiorno si mette subito al lavoro: si pensa alle memorie difensive e l’ordine di scuderia è «non parlare» della vicenda. Meloni, nelle ultime trentasei ore, si è confrontata sullo scenario a più riprese con i suoi fedelissimi e anche con Antonio Tajani e Matteo Salvini. Chi ne ha raccolto gli sfoghi racconta le riflessioni di una premier che non si sente insidiata dalle opposizioni, quanto più da elementi di logoramento esterno. Insidie davanti alle quali, sarebbe il suo ragionamento, il centrodestra non può disunirsi. Altrimenti, l’avvertimento che sarebbe stato recapitato, in una situazione delicata la richiesta di ritorno al voto potrebbe diventare una soluzione da mettere sul tavolo.
A prescindere da tutto, sarebbe un’altra delle osservazioni registrate in questi confronti ai piani alti del governo, va fatta una valutazione sulla gestione della vicenda Almasri. Intanto si sta studiando la strategia difensiva. L’ipotesi della maggioranza di proporre che fosse il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, a tenere l’informativa sul caso del comandante libico, una volta respinta dalle opposizioni al Senato, non è stata riproposta nella capigruppo alla Camera.
Nel frattempo, notano fonti parlamentari, Bongiorno a Palazzo Chigi aveva ricevuto l’incarico di rappresentare premier, sottosegretario e ministri nel procedimento davanti al Tribunale dei ministri di Roma, dove sono «persone indagate», come da «comunicazione di iscrizione nel registro delle notizie di reato» da parte del procuratore capo della Capitale Lo Voi, dopo la denuncia dell’avvocato Luigi Li Gotti.
Un caso grottesco
Un atto che nel governo non è considerato affatto dovuto, nella convinzione che il caso sia «più grottesco che preoccupante»: resta il fastidio, si fa notare, fra tanti problemi, di doversi occupare di una storia che è finita sui giornali di mezzo mondo ma è destinata a chiudersi velocemente con un’archiviazione. Altrimenti servirebbe comunque l’autorizzazione a procedere del Parlamento.
La notizia era stata tenuta per qualche ora sotto massimo riserbo a Palazzo Chigi, anche alcuni fedelissimi della premier l’hanno appresa dal duro videomessaggio di Meloni sui social. Per 24 ore sullo status di WhatsApp di Mantovano è rimasta pubblicata la foto del documento firmato da Lo Voi.
Nella tensione fra governo e magistratura per la riforma della separazione delle carriere, si distingue anche quella fra il governo e la Procura di Roma, anche se fonti dell’esecutivo assicurano che non ci sarà alcuna denuncia per violazione di segreto sulla vicenda di Gaetano Caputi, il capo di Gabinetto della premier, sul conto del quale i Servizi hanno cercato informazioni accedendo ad alcune banche dati. Fra i meloniani c’è anche la convinzione che l’indagine sul caso Almasri si rivelerà alla fine «politicamente un regalo», perché da un lato compatterà la maggioranza, dall’altro metterà in imbarazzo opposizioni e magistratura, con un impatto positivo nei consensi.