I verbali del pentito: Caracallo mi fece presente che l’intimidazione era resa difficile perché lì abitava il pm
Può la semplice presenza di un magistrato dissuadere la camorra e proteggere i negozianti dalle minacce? Secondo le dichiarazioni del pentito Massimo Amatrudi, la risposta è sì. In un verbale del luglio 2010, mentre gli inquirenti gli mostravano alcune foto di affiliati al clan Mallardo, Amatrudi narrò un episodio significativo.
Amatrudi ricordò di un suo amico, proprietario di un negozio di ottica a Giugliano, che subì una rapina. «L’amico si rivolse a me, lamentando l’accaduto», raccontò Amatrudi. «Io parlai con Filippo Caracallo, un uomo di vertice della mala giuglianese che in seguito collaborò con la giustizia. Lo presentai al mio amico e Caracallo si impegnò a identificare i rapinatori e a far restituire il maltolto».
Amatrudi proseguì spiegando che conosceva bene Caracallo dal 2001 e che si era avvalso della sua intermediazione per recapitare messaggi da parte di Setola a Napolitano, evitando di consegnarli personalmente per non violare la privacy di Francuccio.
L’episodio più rilevante, tuttavia, riguardava una minaccia mancata. «Mi interessai con Caracallo per impedire l’apertura di un negozio concorrente a quello di un mio parente», disse Amatrudi. «Caracallo mi fece notare la difficoltà di agire, poiché il negozio si trovava proprio vicino all’abitazione del magistrato Raffaele Cantone». La presenza imponente del magistrato fu sufficiente a far desistere la criminalità organizzata dalle sue mire.