Droga dalla Spagna, ancora latitante l’erede di Raffaele Imperiale

Simone Bartiromo è ritenuto il principale fornitore dei clan napoletani

Simone Bartiromo ha 35 anni, è originario di Marano ed è noto come «L’immortale». È lui in grande irreperibile dell’operazione che ha portato alla cattura di Antonio Pompilio a Barcellona, ritenuto reggente degli Amato-Pagano e al vertice dell’organizzazione di narcotrafficanti sgominata dai carabinieri specializzata nell’importazione di droga dalla Spagna. Il nome di Bartiromo è presente anche in altri provvedimenti che lo indicano come uno specialista del narcotraffico. L’ultima risale al settembre del 2023 e riguardava l’organizzazione criminale dei Sorianiello del rione Traiano.

Dalle pagine del provvedimento, il profilo di Bartiromo si staglia come uno tra i più importanti fornitori di droga dei clan, avendo la disponibilità di ingenti quantitativi di cocaina di diversa tipologia (colombiana e boliviana) e di hashish. Furono sempre i carabinieri a colpire il clan della cosiddetta ‘99’ di via Catone al rione Traiano. In totale furono 26 i provvedimenti eseguiti grazie alle indagini coordinate dalla Dda partenopea. Anche a quel blitz Bartiromo riuscì a sfuggire.

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I rapporti di Salvatore Bartiromo

È un narcos professionista Bartiromo, amico e in affari con varie organizzazioni. Tra questi i Cutolo e i Mele di Bagnoli. Un punto di riferimento dopo l’arresto dei due grossi fornitori Mario Cerrone e Raffaele Imperiale.

È un narcos trasversale, Simone Bartiromo che, in un’intercettazione parla di sé dicendosi inserito nel gruppo criminale che fa capo a Giovanni Cortese o’cavallar, l’ex braccio destro del defunto padrino di Secondigliano, Cosimo Di Lauro. L’ultima volta che finì in manette risale al 2021, quando aveva 30 anni. L’ordinanza nacque da un’indagine avviata nel giugno del 2017 a seguito del sequestro di 25 chili di cocaina nascosti in un carico di caffè importato dal Brasile e giunto nel Porto di Napoli all’interno di un container.

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Da quel sequestro gli investigatori accertarono l’esistenza di un gruppo criminale capace di organizzare e di gestire canali di approvvigionamento di cocaina dal Brasile, dal Perù e dalla Spagna e la successiva distribuzione dello stupefacente, all’ingrosso e al dettaglio, su tutto il territorio partenopeo.

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