Antonio Pompilio era sfuggito a un’ordinanza a novembre contro il clan Amato-Pagano
Negli ambienti criminali è noto come «Il cafone». Lo hanno arrestato da latitante i carabinieri dei Nucleo investigativo di Napoli, con la collaborazione della Dcsa, del Servizio di cooperazione Internazionale di Polizia, di Europol, del raggruppamento operativo Speciale. Si tratta di Antonio Pompilio, 48 anni, rintracciato a Barcellona.
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Era destinatario di un’ordinanza alla quale era sfuggito il 12 novembre scorso e della quale erano destinatarie 33 persone. Sul suo capo le accuse di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, di armi e dall’aggravante di aver favorito il clan Amato-Pagano, gruppo radicato tra Scampia, Melito, Mugnano e con base logistica a Gricignano d’Aversa. Il pentito Roselli lo indica come reggente del clan, ruolo che avrebbe assunto dopo la cattura di Marco Liguori.
Le attività investigative relative alla cattura del ricercato sono state direttamente coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. L’indagine in riferimento, nel suo complesso, ha permesso di disvelare l’esistenza e l’operatività di due distinte organizzazioni criminali, operanti sul territorio partenopeo, dedite al traffico di stupefacenti, non collegate funzionalmente tra loro, ma con il medesimo canale di approvvigionamento dello stupefacente (prevalentemente cocaina e hashish), gestito in Spagna dal gruppo che fa capo a un noto narcotrafficante che risulta ancora latitante.
Il racconto di Raffaele Imperiale e le indagini
Del «Cafone» ha parlato, nei suoi verbali, anche l’ex re del narcotraffico Raffaele Imperiale. Le dichiarazioni si trovano in un dispositivo di condanna che ha colpito alcuni mesi fa proprio la criminalità dell’area nord. Pompilio collaborò al recupero di un carico di 250 chili di hashish insieme ad altri due esponenti di vertice degli Amato-Pagano. Imperiale raccontò di aver apprezzato e, per gratitudine, regalò a ognuno dei tre un Rolex da 30mila euro.
Antonio Pompilio avrebbe avuto il ruolo di capo promotore e finanziatore degli acquisti dei grossi quantitativi di stupefacente importati e rivenduti dall’organizzazione nell’area partenopea.
Dalle indagini sul gruppo di spacciatori e trafficanti vicini agli Amato-Pagano è emerso che l’organizzazione utilizzava la rete di messaggistica istantanea «Matrix», adoperando telefoni cellulari marca Google con all’interno sim telefoniche di un gestore di telefonia olandese, Kpn. L’applicazione «Matrix» è simile a whatsapp, ma meno conosciuta e consente agli utenti di comunicare attraverso chat e videochiamate. All’utilizzatore viene consentito di inviare messaggi, attraverso «ponti», anche ad altre applicazioni, integrando sistemi diversi basati su differenti infrastrutture di messaggistica.