I due giovani, di 16 e 18 anni, sono stati arrestati
Dopo quattro mesi di minacce, botte (anche un ricovero ospedaliero), continue richieste di denaro da parte della figlia sedicenne e del suo fidanzato di 17 anni, un quarantottenne di Palermo, si è impiccato in casa lo scorso 21 marzo.
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Qualche giorno prima del suicidio, la ragazza aveva scritto su whatsapp al padre – disoccupato, diabetico e senza denaro per le medicine – che se non le avesse dato la cifra richiesta lo avrebbe denunciato per violenza sessuale. Ora i due giovani sono stati arrestati. Lui, adesso maggiorenne, da novembre è nel carcere minorile Malaspina del capoluogo siciliano, lei in una comunità a Catania. L’inchiesta della procura per i minorenni, guidata da Claudia Caramanna, contesta agli indagati i reati di rapina, estorsione, morte o lesione come conseguenza di altro delitto.
Il suicidio del genitore della ragazza è avvenuto nel popolare quartiere del Villaggio Santa Rosalia, vicino alla cittadella universitaria, e il corpo è stato trovato da uno dei figli dell’uomo, che ha lasciato due lettere, una per la ragazza e l’altra per il figlio che ha trovato il cadavere e per il fratello più piccolo di quest’ultimo. La missiva indirizzata alla sua aguzzina non lascia dubbi sui motivi della tragica decisione: il genitore scrive dell’estorsione di migliaia di euro subita e le ricorda che porterà con sé per tutta la vita il fardello della sua morte.
La ricostruzione
Testimonianze e messaggi sui cellulari ricostruiscono il diabolico piano messo in atto dai due minorenni nei confronti dell’uomo: dal fabbricare l’accusa di violenza sessuale, alla minaccia di ucciderlo. Il quarantottenne era stato già picchiato e la violenza non aveva risparmiato neanche uno degli altri due figli. Episodio che i due estorsori ricordavano al padre, rinnovando la minaccia. Tra le innumerevoli richieste di denaro, una riguarda l’acquisto di un telefonino per il fidanzato della ragazza, del costo di 899 euro. Altre per ricaricare la scheda del cellulare, per andare a cena o fare acquisti ritenuti indispensabili.
La giovane, incinta, viveva a casa del fidanzato, figlio di un pregiudicato per reati di criminalità organizzata. Si era trasferita da lui a causa, pare, dei cattivi rapporti col padre scaturiti dalla relazione che l’uomo aveva intrattenuto per un periodo con una donna dopo la morte della moglie.
Nell’elenco dei quotidiani ricatti operati dalla sedicenne, rientrava anche la minaccia di uccidersi, insieme al bambino che portava in grembo, se il padre non avesse provveduto a versarle il denaro richiesto. Inutili si sono rivelati i tentativi dell’uomo di portarla alla ragione, spiegando alla figlia che s’era ridotto a vivere a pane e acqua e senza medicine, con altri due figli, anche loro senza lavoro, da tirare su.