Salvatore Paternoster lancia l’allarme: «Totalmente marcio»
Oggi sembra un ecomostro, eppure è un bene culturale. Si tratta del monastero delle oblate risalente al 1700, situato sulla collina di Materdei, che da oltre 40 anni si presenta con dei ponteggi che lo inglobano completamente, nascondendolo e rendendolo pericolante e inaccessibile. A denunciare recentemente lo stato in cui versa la struttura è stato un giovane attivista della zona, Salvatore Paternoster, che sui social raggiunge milioni di visualizzazioni quotidiane con i suoi video.
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Salvatore è il presidente dell’associazione ‘Giovani Promesse’ che si occupa principalmente di recupero dei giovani che vivono realtà difficili, ma negli ultimi anni si è impegnato anche nel recupero e nella riqualificazione del quartiere tutto, rivendicando l’esigenza di nuovi spazi aperti per i ragazzi di Materdei. L’assenza di luoghi di aggregazione nel suo quartiere lo ha indotto a far emergere la questione del monastero chiuso, spazio sottratto alla cittadinanza. Oltre a essere brutto da vedere, oggi lo stato in cui versa la struttura risulta agli occhi fatiscente, secondo Salvatore potrebbe essere addirittura pericolosa.
Ogni piccola scossa è un pericolo
«Andrebbero fatti dei rilievi, – ha dichiarato Paternoster a ilSud24.it – andrebbe messo tutto in sicurezza poiché siamo in una zona bradisismica e basterebbe una piccola scossa per farlo crollare». Salvatore racconta che la zona in cui è situato il monastero delle oblate è interdetta e la struttura è ormai pericolante, ma basta poco per scavalcare la recinsione e accedere all’ex monastero. Paternoster descrive l’edificio al suo interno come «totalmente marcio», rivela che nello stabile sono cresciuti degli alberi e dall’esterno si scorgono le crepe sui muri.
Gli alberi, secondo quanto racconta, sarebbero cresciuti anche all’ultimo piano e potrebbero aver sfondato le fondamenta del palazzo. Effettivamente dall’esterno i tubi metallici si presentano arrugginiti, hanno un colorito rossiccio e non sembrano in buone condizioni.
Salvatore, oltre alla denuncia sui social che ha raggiunto oltre un milione e mezzo di visualizzazioni, ha contattato la prefettura e l’ufficio tecnico del patrimonio segnalando l’esigenza di una verifica per la messa in sicurezza dello stabile del monastero delle oblate. Il Comune di Napoli e la prefettura hanno risposto che avrebbero segnalato la questione agli organi competenti. «Non dovrebbero essere loro gli organi competenti?», si chiede Salvatore. La risposta è affermativa, anche se probabilmente ciò che ha prolungato i tempi di intervento e di risposta in merito a questa questione è il necessario coinvolgimento della soprintendenza, poiché l’edificio è un bene culturale.
In ogni caso, non c’è stato alcun intervento per il monastero delle oblate, non si è saputo più nulla. Dopo il silenzio da parte delle istituzioni, il giovane ha lanciato una raccolta firme raggiungendo oltre mille adesioni. I cittadini di Materdei hanno a cuore il destino dell’ecomostro, come lo chiama Salvatore.
La strategia della Iervolino
L’edificio è parte integrante della storia del quartiere, tanto che gli anziani del posto ne ricordano tutte le evoluzioni. I ponteggi, quegli orribili tubi di metallo che oggi sono arruginiti e coprono completamente le bellezze architettoniche che il monastero nasconde, secondo le testimonianze sarebbero stati installati ai tempi del terremoto dell’Irpinia, intorno al 1980.
Qualcuno ricorda la strategia della Iervolino per occultarli durante l’inaugurazione della stazione metropolitana di Materdei che avvenne il 5 luglio del 2003. Iervolino per nascondere i tubi arrugginiti durante l’inaugurazione di quella che fu considerata la stazione metropolitana più bella del mondo, ai tempi, poi superata dalla stazione di Toledo, pensò fosse giusto coprire il palazzo con un enorme telo, mai rimosso. Nel tempo il telo si sarebbe deteriorato, caduto e scomparso in autonomia. Insomma, l’edificio è da sempre abbandonato e dimenticato.
Il monastero delle oblate, una testimonianza storica antichissima
Il monastero delle oblate, quindi, oltre a essere uno spazio che potrebbe essere riqualificato e restituito alla cittadinanza, è anche una testimonianza storica antichissima. Nel ‘700 quello che oggi è l’ecomostro era il monastero delle oblate. Le oblate erano ex prostitute che avevano esercitato l’attività nella zona, ma che poi si erano sinceramente pentite della loro scelta. Queste donne espressero ai padri missionari il desiderio di vivere insieme in una casa di preghiera in cui espiare i propri peccati.
In un primo momento i padri missionari raccolsero il denaro per l’acquisto di una casa nei pressi di Salvator Rosa, dove le donne vissero per circa 20 anni. Poi il numero delle oblate aumentò esponenzialmente, per cui fu necessario cercare uno spazio più ampio in cui accoglierle. Così, l’Arcivescovo di Napoli dell’epoca, insieme con la nobiltà napoletana, acquistò questo nuovo spazio con ampio giradino situato accanto alla chiesa di San Raffaele, progettata nel 1759 da Giuseppe Astarita.
Insomma, la storia di questo monastero è intricata e costellata di incuria e sciagure. Dalla soppressione delle oblate ad oggi ha cambiato destinazione d’uso, ha subito danni e saccheggi, fino a vivere nell’immobilismo totale in cui versa oggi, nascondendo bellezze architettoniche, artistiche e strutturali chissà per quanto tempo ancora.
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