Governo, le sfide del 2025 iniziano dalle riforme: giustizia, premierato e autonomia

Resta il nodo terzo mandato: Palazzo Chigi potrebbe impugnare la norma approvata da Vincenzo De Luca

La paura dopo il ko in Sardegna, il sospiro di sollievo dopo la riconferma di Marco Marsilio in Abruzzo, poi le vittorie in Piemonte e soprattutto nella Liguria colpita dalla vicenda Toti: nel centrodestra il «refrain» è che il 2024, nonostante le sconfitte in Emilia-Romagna e Umbria, va in archivio con un saldo nettamente positivo. Non solo per l’esito delle elezioni dove si è andati al voto.

Mentre in Francia e in Germania regna l’incertezza, il governo in Italia a più di due anni dalla vittoria alle Politiche è saldo, la coalizione – «lo testimoniano anche i sondaggi», si sottolinea – è in ottima salute. Al netto delle tensioni che si sono registrate durante questi ultimi mesi tra i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani e dei contrasti che in Parlamento hanno portato il governo presieduto da Giorgia Meloni a soccombere in commissione Bilancio al Senato sul ddl fiscale, riguardo all’emendamento della Lega che avrebbe voluto confermare il taglio del canone Rai.

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La sfida del terzo mandato e il caso De Luca

Ora il 2025 si apre con il nodo del terzo mandato che potrebbe creare fibrillazioni nella maggioranza: sulla norma approvata dal Consiglio regionale della Campania, che permetterebbe a Vincenzo De Luca di correre per il terzo mandato consecutivo alla guida della Giunta, «posso anticipare i dubbi forti del governo» e «pensiamo che la valutazione sia molto critica», ha detto lunedì il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri. Alla ripresa dei lavori parlamentari il governo – ad anticiparlo è stato anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari – dovrebbe presentare ricorso dinanzi alla Corte Costituzionale.

La decisione verrà presa nella prima riunione del Consiglio dei ministri di gennaio, che nominerà anche il successore del commissario in Emilia-Romagna per la ricostruzione post-alluvione, sostituendo il generale Francesco Paolo Figliuolo, diventato vicedirettore dell’Aise. Ma sbarrare la strada a De Luca vuol dire di fatto formalizzare lo stop pure al leghista Luca Zaia.

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Nel 2025 si voterà in Campania, nelle Marche, in Puglia, in Toscana, probabilmente in Valle d’Aosta (è una regione a statuto speciale, può decidere in autonomia) ed anche in Veneto, dove FdI pensa a un proprio candidato. A meno che il governo non decida – e per ora non sembra questo l’orientamento prevalente – di fare in modo di posticipare le elezioni all’anno successivo. «Soprattutto se non ci saranno scadenze elettorali mi occuperò di più del partito», ha promesso ai suoi nel consueto brindisi prima delle ferie natalizie Matteo Salvini, che ha sottolineato la necessità che il «Doge» possa presenziare alle Olimpiadi Milano-Cortina che si terranno nel 2026.

Autonomia differenziata: il fronte del Nord spinge sull’acceleratore

Nella Lega, alle prese – nonostante i no di FdI e FI – con la tentazione rimpasto (con Salvini che dopo l’assoluzione nel processo Open Arms ha rilanciato il sogno di ritornare al Viminale), si agita il «fronte del Nord», che intende accelerare sull’autonomia differenziata. Ma sull’iter del ddl Calderoli non pesano solo le perplessità degli alleati (soprattutto di FI), ma soprattutto i giudizi della Consulta, che il 20 gennaio dovrà prendere una posizione determinante sul referendum, previsto per la primavera.

In ogni caso, il ministro per gli Affari regionali non intende frenare: ha già avviato il dialogo con i governatori di Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria per le intese sulle materie non Lep, a dispetto dei correttivi richiesti dalla Corte Costituzionale e dei dubbi dell’ala meridionale di Forza Italia, guidata dai presidenti della Calabria e della Sicilia, Occhiuto e Schifani, che hanno lanciato l’allarme sul rischio che i cittadini del Sud si pronuncino in maniera negativa sul disegno di legge.

Le priorità del governo: riforme, PNRR e agenda internazionale

Il 2025 sarà l’anno delle riforme, ribadirà la premier Meloni nella conferenza stampa con i giornalisti fissata per il 9 gennaio. Si partirà dalla separazione delle carriere (FI punta a intestarsela e rilancerà anche su altri provvedimenti, dalle intercettazioni alla riforma della prescrizione, ferma al Senato): a metà mese arriverà il primo sì di Montecitorio e il Guardasigilli Carlo Nordio ha già stimato nella fine dell’estate il termine dei passaggi parlamentari di un provvedimento tanto osteggiato dalle toghe. Sarà complesso rispettare i tempi per arrivare entro l’autunno, come previsto dal Guardasigilli, a un referendum che, sempre secondo le parole del responsabile di via Arenula, avrà obtorto collo conseguenze sull’esecutivo.

Riforma elettorale e pressing fiscale

Rischia di rallentare anche l’altro «vagone» del treno delle riforme, ovvero quel premierato che ha già avuto il semaforo verde del Senato ma che verrà cambiato in commissione Affari Costituzionali alla Camera, in attesa pure di una soluzione su quale sarà la nuova legge elettorale. Se Salvini dovrà porre massima attenzione alle richieste (in primis l’estensione della flat tax) di una parte del partito, rilanciate – e che saranno ribadite in primavera, quando dovrebbe tenersi il congresso federale – nel giorno dell’elezione a segretario lombardo del capogruppo a Palazzo Madama Romeo, Forza Italia è invece in pressing per aumentare il sostegno fiscale al ceto medio e a febbraio tornerà alla carica sulla riforma dell’Irpef.

Mentre la premier Meloni è concentrata soprattutto sull’agenda internazionale: ha ribadito il proprio sostegno militare a Kiev per tutto il 2025 (ma la Lega chiede un segnale di discontinuità), ma l’Italia, come il resto d’Europa, attende di capire quale sarà il nuovo corso americano sulla guerra in Ucraina dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Lunedì il presidente del Consiglio ha indicato un’altra priorità dell’esecutivo per quest’anno: l’accelerazione sul Pnrr e la messa a terra delle riforme previste, soprattutto ora che la premier è riuscita nella missione di «occupare», con l’ex ministro agli Affari UE Fitto, la casella della vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea.

Un altro snodo importante per il governo sarà capire come evolverà la situazione politica a Parigi e Berlino, con il presidente del Consiglio che può – non a caso il profilo di X di FdI ha rilanciato qualche giorno fa questa prospettiva – rappresentare una figura di raccordo tra l’Unione e la nuova amministrazione statunitense.

Setaro

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