Daniele Rienzo e la forza della fragilità: il viaggio emotivo in Parthenope

di Maddalena Villano

L’attore a «ilSud24»: «Sono molto grato di aver fatto un film che mette in luce Napoli così com’è»

«Siamo in un mondo in cui ammettere di essere fragili è rivoluzionario». Così Daniele Rienzo descrive uno dei messaggi chiave di Parthenope, il film che lo ha visto vestire i panni di Raimondo, un personaggio complesso e profondamente umano. Durante l’intervista a «ilSud24», l’attore napoletano ha condiviso riflessioni intense sulle sfide della sua carriera e sull’esperienza di raccontare, attraverso il cinema, la bellezza e le contraddizioni di Napoli.

«La disciplina come fondamento dell’arte»

Ripensando ai suoi anni al Centro Sperimentale di Cinematografia, Daniele Rienzo sottolinea l’impatto profondo che questa esperienza ha avuto sul suo percorso professionale. Non solo ha acquisito competenze tecniche, ma soprattutto ha imparato a lavorare con metodo e rigore: «Devo molto al Centro Sperimentale, soprattutto per la disciplina che mi ha insegnato. Per quanto riguarda la parte artistica, credo che ognuno di noi possa costruire la propria poetica attraverso le esperienze che vive». È evidente che per Rienzo la crescita artistica è un percorso personale, un intreccio tra formazione, sensibilità e vissuto.

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Questo approccio lo ha accompagnato anche nei suoi lavori sui set italiani e internazionali. Ha lavorato in alcuni progetti all’estero, come Ripley di Steven Zaillian o in cortometraggi a Londra, e parlando delle differenze tra i vari ambiti ha affermato: «È difficile generalizzare. Ogni set è diverso. Dipende dal regista e dalla chimica che c’è sul set. Io credo che ogni set sia a sé. Ci sono set super professionali, super entusiasti, ma con una grande personalità»

Parlando di Parthenope

Interpretare Raimondo in Parthenope ha rappresentato per Rienzo una sfida tanto artistica quanto personale: «È stato un personaggio complesso, un viaggio dentro me stesso. Raimondo raggiunge apici emotivi ed esistenziali molto profondi. È stata una sfida arrivare a toccare quelle corde».

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Ma Raimondo è molto più che un semplice ruolo: per Rienzo è un simbolo della fragilità umana, una dimensione troppo spesso nascosta e soffocata.

«Raimondo rappresenta proprio il fatto che, per apprezzare la luce, bisogna attraversare il buio. Napoli è una città così bella che non penso possa essere rappresentata in una maniera sola, ma Raimondo è la parte umana, non divina. Noi esseri umani siamo mortali, in balia delle nostre emozioni e, soprattutto, fragili. Raimondo è un inno alla fragilità, ed è una cosa bella. Viviamo in un mondo in cui, soprattutto la vecchia generazione, vive sotto questa bandiera di forza, del non mostrare mai la fragilità. Ma senza fragilità c’è solo la guerra. Ammettere di essere fragili è un atto rivoluzionario. Ci vuole cuore e coraggio».

Un set che unisce

Daniele Rienzo ha raccontato con emozione il tempo trascorso sul set di Parthenope: «Non ci sono stati momenti che ho particolarmente preferito, perché tutto il tempo passato a girare, e anche quello in cui non abbiamo girato, è stato una grande onda emotiva. Una cosa molto significativa, però, è stata vedere come un progetto del genere possa essere abbracciato da così tante persone. Creare qualcosa di comunitario e comune è fondamentale, perché senza questo non c’è il cinema, secondo me». Per lui, il cinema non è solo narrazione, ma un atto di connessione tra chi lo crea e chi lo vive.

Una nuova visione di Napoli?

Parlando del ruolo di Parthenope nella rappresentazione della città, Rienzo è chiaro: «Non credo che il cinema o l’arte possano essere così decisive nella visione di una città. L’identità di un luogo la fanno le persone che lo vivono ogni giorno. Da napoletano, però, sono molto grato di aver fatto un film che mette in luce Napoli così com’è».

Il suo è un pensiero profondo e onesto, lontano da facili mitizzazioni, ma intriso di amore per la sua città e per il mestiere di attore. Con Parthenope, Daniele Rienzo ha saputo raccontare una Napoli autentica e complessa, fatta di luci, ombre, fragilità ed emozioni. È una visione che non pretende di cambiare il mondo, ma che riesce a parlare al cuore di chi la guarda.

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