La «bella vita» degli scissionisti: stipendi da ottomila euro al mese per gli affiliati di rango

di Enrico Biasi

I business principali legati alla droga, alle estorsioni e al controllo delle aste giudiziarie e delle case popolari. Tra gli indagati anche Rosaria Pagano, reggente del clan

Tra gli indagati c’è anche una donna boss, Rosaria Pagano, sorella di Cesare, fondatore del clan insieme a Raffaele Amato, considerata la reggente dell’organizzazione. Attualmente è detenuta al 41 bis. «Il ruolo delle donne nel clan è un elemento che ci ha meravigliato», ha spiegato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. L’organizzazione camorristica, attiva nei quartieri Scampia e Secondigliano della zona nord di Napoli e nei comuni di Mugnano e Melito, era molto ricca. Nel corso delle indagini sono stati trovati soldi in contanti e si ritiene che i membri delle principali famiglie potessero godere di uno «stipendio» di circa 8mila euro al mese.

«Tutto questo – ha spiegato il direttore della Dia di Napoli Michele Carbone – ha consentito loro di fare una sorta di “bella vita” che veniva esibita sui social e in maniera sfrontata e costante, attraverso macchine di lusso, Ferrari, Lamborghini, l’uso di imbarcazioni da diporto o di orologi di pregio». L’operazione «ci ha consentito di ricostruire lo svolgimento del fenomeno criminale sul territorio da parte di questo clan, ma anche di eliminare questa ingerenza negli affari e nel business». Il clan Amato-Pagano, ha ricordato Carbone, «ha come attività cardine il narcotraffico, lo spaccio di droga, perché ha anche degli affiliati in Spagna, persino a Dubai, il che consente allo stesso di poter controllare il flusso di sostanze stupefacenti».

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Il metodo estorsivo del clan Amato-Pagano

Tornando al business legato al pizzo, il metodo estorsivo del clan Amato-Pagano ai danni di commercianti e imprenditori della zona nord di Napoli e della sua provincia, si basava su un «sistema di progressività, come le imposte». Ha sottolineato ancora il procuratore Nicola Gratteri. «Ci ha colpito molto dal punto di vista investigativo – ha aggiunto – – il metodo estorsivo che l’associazione ha posto in essere, un sistema di progressività come le imposte. Ai commercianti che avevano una capacità contributiva particolare, e quindi alle attività con un particolare volume d’affari, veniva chiesta un’estorsione più alta».

Sono state sottoposte ad estorsioni anche i cantieri edili «nell’ambito di attività legate ad agevolazioni edilizie, i bonus. Quindi – ha evidenziato ancora il direttore della Dia Carbone – abbiamo avuto associazioni camorristiche che da un lato hanno usufruito di bonus con lavori mai posti in essere, e dall’altro, come in questo caso, quando i lavori erano posti in essere da chi aveva diritto, c’era poi l’estorsione nei confronti di questi cantieri. Quindi parliamo di un controllo capillare del territorio e di un’infiltrazione nelle attività economiche dei principali business».

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Le aste giudiziarie

Altro settore controllato dal clan era quello delle aste giudiziarie degli immobili nella zona di controllo e di riferimento, o la compravendita di immobili. «Tra le altre ipotesi di reato accertate – ha concluso Carbone – anche l’autorizzazione ad occupare abusivamente attraverso il controllo dei rioni popolari, case sfitte la cui occupazione veniva autorizzata senza che l’occupante avesse un titolo concessorio da parte delle autorità competenti».

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