Il presidente attacca: «Mago di Oz mi chiamava Draghi». Battaglia sulla proprietà del simbolo
La battaglia è sui valori originari del M5s. Mentre Beppe Grillo agita lo spettro della scissione per recuperarli, Giuseppe Conte li rivendica come elemento della ricostruzione del Movimento, che ha preso forma con la Costituente. Lo scontro è ai livelli massimi e non può che essere così, alla vigilia dell’apertura delle urne per un nuovo voto con cui gli iscritti, fino a domenica, potranno ribadire o cancellare decisioni cruciali, come quella di eliminare il ruolo del Garante. Nel video-accusa dei giorni scorsi, Grillo ha usato un’arma pesante: il suo pensiero sul Movimento ha preso forma nel carro funebre scelto come «location» del messaggio.
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«Grillo in un certo senso ha ragione – è stata la risposta di Conte – Il M5s fondato da lui è morto. Si è esaurita l’idea originaria di Grillo. Ma non sono morti i principi e valori, perché c’è stata una rifondazione. Il M5s di oggi vuole realizzare in modo ancora più radicale principi e valori, ma guardando il futuro». La battaglia passa dalla contesa sul simbolo. Grillo ha fatto capire che non intende lasciarlo a Conte. Conte ha fatto capire che non intende restituirlo a Grillo, anche per evitare che lo usi lanciando un’altra forza politica.
«Non esiste un Grillo depositario di un movimento politico alternativo – ha detto Conte – hanno fondato una forza politica che appartiene agli iscritti. Se una comunità deciderà di cambiare il simbolo lo faremo, ma il simbolo non è nella sua disponibilità». Poi la spiegazione legale: il simbolo venne registrato nel 2017 dall’allora leader M5s Luigi Di Maio, ha ricordato Conte, «a nome del M5s. Per i partiti politici vale l’uso consolidato del simbolo. Non è di Grillo e non è di Conte». A dar fastidio a Conte non è stata solo la coreografia scelta da Grillo, con quel carro funebre, ma anche diversi passaggi dell’intervento. Come il fatto che il garante lo abbia chiamato: Mago di Oz.
L’appoggio al governo Draghi
Conte ha colto l’occasione per levarsi qualche sassolino, contro Grillo ma pure contro l’ex premier Mario Draghi. Quella definizione la usavano per «sfottermi insieme un po’ velenosamente – ha raccontato Conte – Io non ne ho fatto mai una questione personale». Ma, per Conte, descriverli come complici è stato un modo per dire: l’appoggio al governo Draghi – che di certo non rappresentava un’espressione dell’originario «Vaffa» – fu «colpa» di Grillo, «mentre io – ha sottolineato Conte – ho solo difeso le battaglie politiche» del Movimento.
Conte ha fatto il punto anche in una riunione con i parlamentari Cinque stelle, che hanno mostrato «massima compattezza e condivisione», è stato spiegato, rivendicando il fatto di «aver voltato pagina con l’elemento di novità rappresentato dalla Costituente».
Resta però l’incognita quorum
Su richiesta di Grillo, le urne della Costituente verranno riaperte, ma affinché i voti siano validi, dovrà partecipare la metà degli iscritti. Nel caso in cui la percentuale sia più bassa, l’esito delle urne sarà nullo: di fatto sarebbe una sconfessione della Costituente e questo avrebbe riflessi pesanti sulla presidenza di Conte.
«Hanno cambiato le modalità di voto, perché hanno paura – ha detto l’ex ministro Danilo Toninelli, che fa parte del M5s ed è considerato vicino a Grillo – Hanno mandato un messaggio per dire che stanno facendo prove tecniche per il voto anche via whatsapp». Nel M5s, però, ostentano sicurezza: «Fiduciosi e sereni per il quorum». Quel che è sicuro, è che da lunedì partirà la battaglia legale. «Ci sarà un’azione sulla proprietà del simbolo – ha detto Toninelli – che è di Grillo e di cui Conte ha solo l’utilizzo. E poi, secondo me, Grillo può impugnare anche le votazioni e si vedrà come e quando e perché sono stati cancellati 80-90 mila iscritti».