Nell’agguato morirono i fratelli del collaboratore: nel locale c’era Guido Abbinante e si salvò per miracolo. Forse non fu solo fortuna
Da anni, un sospetto aleggia nella mente di Maurizio Prestieri, ex boss di Scampia e oggi collaboratore di giustizia. Il sospetto è che dietro la strage del bar Fulmine ci sarebbero stati gli Abbinante. Un tarlo che si insinuò nella mente dopo che lo stesso Prestieri, durante gli anni di carcere, iniziò a mettere insieme i pezzi di quello che fu l’episodio più eclatante della faida esplosa tra i Di Lauro e i Ruocco di Mugnano. La prima guerra di camorra in cui il clan del milionario rimase coinvolto.
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La prima faida in cui furono coinvolti i Di Lauro
Era il 18 maggio del 1992 quando due auto dei ‘mugnanesi’ frenarono, sgommando, dinanzi al locale, abituale punto di ritrovo proprio dei Prestieri. Il commando, composto da almeno cinque persone secondo i ricordi del collaboratore, sparò prima con i kalashnikov e poi, per coprirsi la fuga, lanciò una bomba a mano. Oltre un minuto di terrore alla fine del quale si contarono cinque morti e alcuni feriti.
Una vera e propria carneficina in cui persero la vita anche due fratelli di Prestieri, Rosario e soprattutto Raffaele, quest’ultimo indicato come il delfino di Paolo Di Lauro. La dinamica dell’accaduto, secondo il racconto dello stesso Prestieri, è chiara e non ci sono dubbi che a colpire siano stati gli uomini di Ruocco. Tuttavia, qualcosa non torna. Ci sono dei dettagli che sembrano stridere con il quadro generale e sono dettagli che, ricorda Prestieri, riguardano gli Abbinante.
Innanzitutto, il comportamento di Raffaele Abbinante, anche lui presente dinanzi al bar Fulmine la mattina dell’agguato ma che, giusto un paio di minuti prima che il commando entrasse in azione, si allontanò. Un colpo di fortuna ma mai quanto quello che capitò a suo fratello Guido perché fu l’unico a uscire illeso dall’azione dei killer. In seguito, avrebbe riferito che, quando comprese cosa stava accadendo, si nascose dietro al bancone del bar dove, però, fu raggiunto da uno dei sicari.
Gli Abbinante vengono da Marano come i Ruocco
A quel punto la ‘dea bendata’ sarebbe entrata in gioco e, mentre intorno a lui le persone continuavano a cadere falciate dalle raffiche di mitra, l’arma impugnata dal killer che lo prese di mira si inceppò. A raccontarlo, subito dopo la strage, fu lo stesso Guido Abbinante ma le sue parole, ricorda Prestieri, non sono mai state confermate da altri testimoni come il proprietario del bar che lo vide solo nascondersi dietro al bancone.
«Oggi, più si mettono a fuoco tutte queste circostanze – ricorda Prestieri – e si tiene conto del fatto che Raffaele Abbinante è stato uno dei fondatori, promotori e organizzatori della faida di Scampia… più mi ritorna reale il pensiero che abbiano dato qualche appoggio e ‘sparato il tiro’ gli Abbinante stessi. Gli Abbinante vengono importati da Marano. Mimì Silvestri è un capo che, in accordo con mio fratello, viene ucciso. Poi muore mio fratello».
Gli Abbinante volevano uccidere Cosimo e Paolo Di Lauro
Non solo. Prestieri ricorda anche di un particolare episodio che gli sarebbe stato raccontato dallo stesso Paolo Di Lauro e che metterebbe in discussione la fedeltà degli Abbinante già da prima dello scoppio della faida. Si tratta di un’intercettazione, per come ricorda Prestieri, in cui Raffaele Abbinante e suo figlio progettavano di eliminare Paolo e Cosimo Di Lauro. L’intercettazione sarebbe poi finita nelle mani del padrino di via Cupa dell’Arco grazie ad alcuni appartenenti alle forze dell’ordine che erano sul libro paga dei Di Lauro.